'Il tempo caldo della mosche': Il dolore che crea altro dolore nel nuovo romanzo di Vincenzo Restivo

A cura di Francesco Sansone
Grafica di Giovanni Trapani
Con 'Il tempo caldo delle mosche', il nuovo romanzo di Vincenzo estivo (Watson edizioni, collana Ombre, 2015. Prezzo 10,00 Euro), ci troviamo in una comunità contadina, di quelle dove il tempo è scandito dai ritmi della semina e del raccolto, dove il frutto della terra e l’allevamento degli animali rappresentano le uniche fonti di sostentamento. La vita è regolata dai rigidi valori morali della religione evangelica, la cui presenza si avverte in maniera piuttosto opprimente, al punto che ogni azione sembra essere misurata in base al metro di giudizio di ciò che “sta bene agli occhi di Dio”. In questa comunità, apparentemente così sana e ligia, cova segretamente il vizio. È un’estate torrida. Il caldo afoso e le mosche rendono l’atmosfera del luogo ancora più insopportabile e asfissiante. Il giovane Martin conduce la sua abituale vita contadina insieme ai genitori e a Caleb, il lavorante ventenne ingaggiato da suo padre, un uomo severo e violento, per sopperire ai limiti fisici del figlio. La madre, invece, incarna perfettamente l’assoggettamento mentale della gente del posto ai dettami della comunità evangelica, ai cui principi sembra essere ciecamente devota. Quando Martin e Caleb non sono impegnati nelle dure attività agricole, si divertono a svagarsi nei campi e, in particolare, amano spiare dalla finestra la professoressa di Francese, Eva Besson, che ha la strana abitudine di girare seminuda per casa. E dove c’è lei, ci sono i corvi: segno di un oscuro presagio, agli occhi dei bigotti abitanti del paese.
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La fine di un amore, la scomparsa di un figlio, il rifiuto di padre per un figlio che non è come vorrebbe e gli abusi sessuali a cui è costretto un ragazzo dal suo datore di lavoro sono i punti cardini di una storia in cui il dolore è il filo conduttore dell'intera narrazione.
Vincenzo Restivo consegna nuovamente un romanzo di formazione che non ha nulla da invidiare ai grandi classici. La scrittura ricercata, musicale, incantatrice riscontrata in 'L'abitudine del coleottero'  in questa storia è ancora più precisa e si mette perfettamente al servizio della narrazione di quel dolore che è alla base del romanzo.
Quattro sfaccettature di sofferenza che portano ad altro dolore e in cui vittime e carnefici facilmente si confondono in una dimensione in cui nessuno è senza peccato. Nemmeno chi afferma di agire in nome di Dio. Nemmeno chi si sente estraneo alla comunità. Nemmeno chi ha cercato una via di fuga per non affogare. Quando si è disperati, spargere dolore intorno a sé è quasi una passo obbligatorio.
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'Il tempo caldo delle mosche' è un bel romanzo, non c'è niente da fare. So di sembrare ripetitivo dato che l'ho detto per il primo romanzo di Restivo è lo dirò anche domani per parlarvi del suo romanzo 'Quando le cavallette vennero in città', ma quando i libri sono tali, non si può non affermarlo. Bisogna riconoscerne i meriti. E i lavori di  Restivo di meriti ne ha davvero tanti. 
Ogni volta che lo scrittore casertano consegna un'opera ai lettori lo fa in grande stile, conquistando sempre più coloro che hanno avuto la possibilità di avvicinarsi a esso, spingendoli a consigliarlo. Da leggere.