Prologo
Ieri abbiamo conosciuto il suo libro Primo Omo, oggi invece scopriremo qualcosa su di lui, Sergio Rozzi. Con questa intervista si conclude il fine settimana monotematico a lui dedicato e io vi saluto augurandovi una buona Pasqua. Francesco Sansone
Le Interviste
Sergio Rozzi
Esclusiva
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Nella foto Sergio Rozzi |
Sergio Primo Omo è il tuo primo libro, quando hai deciso di realizzarlo?
All’incirca nel 2005. Ero rimasto fermo, per questioni di lavoro, da alcune collaborazioni giornalistiche. Mi venne questa idea, che è a metà strada fra inchiesta giornalistica e saggistica. Fatte le debite considerazioni ho iniziato a pensare come raccogliere le informazioni e formulare una traccia di intervista.
Il tuo libro è una raccolta di storie incentrate sulla prima esperienza sessuale di alcuni ragazzi. Quanto tempo hai impiego per raccogliere tutte queste “confessioni”?
Circa nove mesi, fra raccolta e stesura definitiva.
E come hai trovato tutti i ragazzi?
Ho iniziato chiedendo ad alcuni amici, un modo come un altro per partire. Debbo dire che la rete è stata fondamentale senza essa avrei impiegato un’infinità di tempo.
Da cosa nasce l’esigenza di dar vita ad un progetto come questo?
Innanzitutto nel giornalismo, così come nella letteratura, ogni punto di vista, od ogni sperimentazione di idee sono concetti benvenuti. E poi, mi sono reso conto, che nessuno parlava della prima volta, del percorso che porta alla propria definitiva accettazione. E che porta naturalmente il piacere dell’eros.
Quali sono le storie che più ti hanno colpito fra quelle che hai riportato all’interno di Primo Omo e perché?
Vi sono testimonianze dure e crude, parlo dei casi di abuso, fatti da una sorta di gang, sino a quelli commessi da ministri del culto cattolico, tema direi più che attuale, purtroppo. In questi ragazzi, la voglia innocente di scoprire il proprio desiderio sessuale viene recisa, castrata, da cattiveria gratuita da parte del mondo adulto. Non parliamo poi se l’abuso è commesso da un prete, esso diviene crimine contro l’umanità e provocatoriamente posso affermare che per tali crimini andrebbe istituito un tribunale simile a quello di Norimberga.
Ma troviamo anche racconti gioiosi e felici, di ragazzi che si sono scoperti nell’innocenza della loro adolescenza. A questi la vita si è mostrata con il viso di una Venere spuntata dalla schiuma del mare nella sua intera bellezza. Interessante sarebbe analizzare i percorsi successivi, fra i primi e i secondi, per capire quanto è stato determinate scoprire la propria sessualità in modo sereno o meno sereno.
Dato che nel libro le storie sono raccontate in prima persona da chi le ha vissute, il tuo lavoro è stato solo quello di raccoglierle e trascriverle oppure hai fatto altro?
Ho raccolto le storie nella loro interezza, senza trascurare il linguaggio a volte un po’ duro e crudo. Stendere poi il racconto è stato il lavoro più difficile, dovevo stare attento a trasferire la trama nella maniera più obiettiva e neutra. E alla fine la raccolta era pronta, per così dire di andare in stampa.
A proposito di prime esperienze, come è stata la tua prima volta?
Beh, nel mio caso è stata un'esperienza unica e come tutte le prime volte magica. Nonostante la mia giovane età , avevo 13 anni, il trasporto e il vissuto sono ancora vivi e vegeti nella mia personalità . Come se la prima volta fosse accaduto qualche ora fa.
Leggendo il titolo mi viene in mente un gioco di parole dato da “Primo” che se da un lato da un’idea del contenuto, dall’altro indica che questo è il tuo primo libro. Ä– così, oppure sto delirando?
Solo per il titolo ci sono voluti tre mesi. Poi un giorno un amico traduttore, con dei giochi di parole, prova a pronunciare qualche parola in tedesco. Ed insieme arriviamo al titolo “Primo Omo”, che deriva dal primo uomo in senso figurato, ma togliendo la lettera u diventa omo, dal prefisso dell’omosessualità .
Comunque è il mio primo libro e spero non l’ultimo.
Te lo auguro pure io. A proposito stai già lavorando ad un altro progetto? Se sì in cosa consiste?
Sto lavorando ad alcuni idee che ho avuto. E’ prematuro parlarne, si tratta ancora di cose troppo vaghe e non ancora andate in porto. Ma attraverso la tua intervista forse posso avere un aiuto. Sto cercando delle copie degli anni ottanta della rivista Babilonia e comunque di riviste a tematica lgbt.
Hai trovato difficoltà per pubblicarlo?
Come tutti i presunti scrittori in erba, ti dico di sì. Ä– il mondo di una editoria che preferisce il contenuto del cassetto all’emersione di nuove idee e linee editoriali.
Poi una casa editrice mi ha fatto una proposta che ho accettato, ma dopo un anno essa si è defilata, chiudendo i battenti. L’opera nel suo complesso andava rivista, nella prima pubblicazione oltre ad un editing pessimo, sono comparsi errori e refusi. Con la mia amica Valeria abbiamo messo mano al tutto e ho deciso di auto-pubblicarmi con il sito di Il mio libro.
Secondo te da cosa nasce questa titubanza da parte delle grandi case editrice verso i nuovi scrittori?
Le grandi case editrici, impongono linee editoriali e progetti in base a proprie necessità . E’ chiaro che investire su nuove leve comporta un periodo di ritorno economico estremamente lungo e spesso non così remunerativo.
Quando hai capito che la scrittura, essendo anche giornalista, era fondamentale per te?
Beh esistono, per ognuno di noi, delle forme espressive che nella società globalizzata tendono a perdersi. Per me era ed è stato fondamentale pubblicare “Primo Omo”, dopo 8 anni di collaborazioni giornalistiche volevo un’evoluzione professionale che naturalmente tenesse in considerazione le esperienze e la mia formazione giornalistica.
A quale libro sei maggiormente legato e perché?
Sono molti. Direi che Il piacere di D’Annunzio è quello che mi ha appassionato maggiormente, vuoi per la stupenda trasfigurazione linguistica dell’autore e poi racconta la storia d’amore e del corollario di riti e regole che nell’attuale società sono oramai scomparsi.
Che consiglio daresti a tutti coloro che vorrebbero intraprendere il tuo stesso percorso?
Avere idee è la prima regola. Poi non stancarsi di scrivere e di scrivere in continuazione anche se quello trasferito sulla carta può sembrare senza un senso compiuto. E’ nella seconda lettura, di ciò che si è scritto, comprendiamo il senso. Poi ognuno di noi ha uno stile, un modello espositivo diverso da un altro.
Soprattutto consiglio di leggere caricando così le pile del nostro sapere, della nostra conoscenza. Leggere senza disdegnare nulla. Questo ci porta ad essere aperti mentalmente per poter formulare un pensiero, un punto di vista divergente ma sempre e comunque importante per la società .
F.S.