«Non si smette mai di imparare anche dagli orsi!» Intervista allo scrittore Carlo Kik Misaki Ditto
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Intervista di Francesco Sansone
Grafica di Giovanni Trapani
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Intervista di Francesco Sansone
Grafica di Giovanni Trapani
Ieri vi ho parlato del suo secondo romanzo Crazy bear love e oggi sono felice di ospitare Carlo Kik Misaki Ditto ne Il mondo espanso dei romanzi gay. Ditto è un autore che ha saputo dimostrare, sin con il suo primo romanzo, che si può giocare con la scrittura e con i suoi messaggi, sperimentando linguaggi e stili diversi.
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D. ‘Crazy bear love’
è il tuo nuovo romanzo. Già dal titolo e dalla copertina s’intuisce di cosa si
parla, ma ti va di spiegarmi com’è nata l’idea di raccontare questa storia
d’amore?
R. Dopo La pecora rosa, avendo affrontato temi
difficili come il coming out e il bullismo, avevo voglia di fare un vero
romanzo d’amore a tema lgbt e 2 uomini bear mi sembravano perfetti. Le
dinamiche tra due uomini così apparentemente forti, eppure così fragili.
D. In questo romanzo
abbandoni la scrittura sperimentale usata ne ‘La pecora rosa’, eppure non hai
rinunciato all’ironia che contraddistingue il tuo stile. Perché hai voluto
seguire uno stile “classico” per la storia di Rodrigo e Matteo?
R. Il primo era
un esperimento che ha funzionato, poteva essere un “suicidio editoriale” ma i lettori
hanno capito la mia idea, arrivando a superare le 2300 copie vendute. Un diario
va pubblicato in modo grezzo, sincero, viscerale. Crazy love bear è un romanzo inventato, quindi va inquadrato come
un libro, oserei dire, “normale”.
D. Nel romanzo
affronti le fobie e le ansie umane. A questo punto la domanda sorge spontanea:
c’è qualche tuo aspetto nelle sindromi dei protagonisti?
R. Si certo,
molti mi dicono che sono Matteo, anche se in massima parte è inventato, ovvio
che inconsciamente ho attinto da me e da ciò che sono.
D. Io ho amato il tuo
romanzo, non posso negarlo, eppure il personaggio che ho adorato di più è Lacy
n°1, la bambola con cui Matteo parla. È
scorretta, sporcacciona e provocatrice. Com’è nata l’idea di Lucy?
R. Aahh, Lacy nasce
ovviamente dal modello barbie, perfetta, carina e sempre a posto. Volevo dare
carattere a un personaggio inventato, farle dire cose mai dette da una
bambolina, esagerare. Lacy incarna il lato forte che Matteo non ha. Lei fa e
dice le cose che Matteo non ha il coraggio di dire/fare, e caratterizza un pochino
l’attaccamento all’infanzia di Matteo.
D. Nel romanzo dici
che per una bambola finire nella casa di un gay è il massimo. Quante bambole
hai?
R. In realtà
nessuna, gioco con quelle delle mie nipoti, ma è vero che i collezionisti le
tengono come delle reliquie, quindi per una bambola è il top.
D. Sempre nel libro
parli di manga e comics. Qualcosa mi dice che anche questo è una tua passione,
sbaglio?
R. Per niente, mi
definisco un nerd e in Rodrigo c’è questo mio lato. Come lui adoro i manga, la Marvel, il comicon, il colorato e leggero
mondo giapponese.
D. Un altro aspetto
che mi è piaciuto del romanzo è la normalità con cui i protagonisti vivono la
loro condizione sessuale. Metti da parte i drammi che ci sono solitamente nelle
storie di genere per raccontarne la semplice quotidianità. Ora che anche in
Italia le unioni civili sono una realtà, credi che anche la letteratura debba
raccontare storie semplici per affermare il concetto che le storie d’amore sono
uguali?
R. La letteratura
deve raccontate, sia in ambito lgbt che non, tutte le sfaccettature,
situazioni, relazioni, amori al fine di rendere fruibili, anche tramite un
libro, certe dinamiche umane. Io racconto la mia versione, ma sono vere anche
tutte le altre. Siamo unici come individui e i rapporti che nascono sono
molteplici e interessanti tutti. Ripeto Crazy
bear love è la mia versione del rapporto di coppia. Consiglio il mio libro
anche agli etero, possono capire e imparare molto del mondo gay.
D. Per concludere,
credo che ogni lettore di Love Bear
debba ringraziarti per il glossario orsino. A me, personalmente, hai aperto un
mondo (rido, ndb). Immagino sapessi che non tutti conoscessero certe
definizioni, giusto?
R. Sì, era
necessario (ride, ndb). Racconto un settore, una comunità che ha il suo
simpatico gergo, mi è sembrato doveroso dare una spiegazione a chi non mastica
questo linguaggio. Non si smette mai di imparare anche dagli orsi (ride, ndb)!
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