"Nell'addio", Federico Larosa: «Credo che il processo di maturazione duri per tutta la vita».


"Nell’addio”,  il romanzo d’esordio di Federico Larosa, edito da Merlino Edizioni, è la storia di Edoardo, uno studente universitario appassionato di cinema, musica e

filosofia che vive a Roma con la madre. Per mantenersi agli studi, Edoardo lavora come commesso in un negozio di abbigliamento insieme alla migliore amica Giorgia, che sta attraversando un momento di grande confusione a causa di un segreto che nasconde da anni. Edoardo è gay, la sua famiglia non lo sa, e non ha mai avuto una relazione significativa, forse anche a causa delle sue paure legate al sesso. Una sera di settembre, su una chat di incontri, conosce Alessandro, un uomo più grande di lui, istruttore di fitness e attore di fiction. Questo incontro porterà Edoardo a prendere delle decisioni lasciate in sospeso da troppo tempo. “Nell’addio” è un romanzo di formazione in cui amore e amicizia, paure e speranze, scoperte e rivelazioni scandiscono la crescita del protagonista e le sue relazioni con tutti gli altri personaggi della storia.

 

Larosa a Il mio mondo espanso spiega come nasce il suo primo romanzo, raccontando anche aspetti inediti di sé e, soprattutto, come riesce a conciliare il suo lavoro di scrittore con quelli di conduttore radiofonico, addetto stampa e giornalista.

Una chiacchierata intensa da leggere fino alla fine e chissà che presto non ci sia un’appendice più scherzosa a #QuelliInCoprifuoco

 

D. “Nell’addio” è un romanzo di formazione in cui narri i passaggi fondamentali della maturazione del tuo protagonista, lo studente universitario Edoardo. Come nasce la storia?

La storia nasce da un insieme di esperienze, personali e non, che sentivo l’esigenza di raccontare da molto tempo. Si tratta di temi a me cari, alcuni universali come l’amore e l’amicizia, altri più “particolari” che riguardano la comunità LGBTQ+ come l’esperienza del coming out.


D. Il romanzo si sofferma anche sul rapporto di amicizia fra Edoardo e Giorgia. Quanto c’è nei tuoi personaggi del tuo vissuto?

R. Direi molto. In Edoardo sicuramente c’è molto di me e del mio vissuto. Ma anche tutti gli altri personaggi possiedono una scintilla di quella che è stata la mia esperienza di vita, direttamente o indirettamente. In particolare, tengo molto all’amicizia. Ci sono state, e ci sono ancora, delle “Giorgia” nella mia vita...


D. Non potrebbe esserci maturazione senza un qualcosa che ci sconvolge la vita. E anche per Edoardo sarà così. Il giovane, infatti, incontra Alessandro e questa conoscenza sovvertirà tutta la sua vita. Perché, secondo te, certi incontri sono destinati a cambiarci nel profondo?

R. Perché ci mettono di fronte alle nostre paure, alle nostre ansie. Qualcuno dice che nel nostro cammino attiriamo ciò di cui abbiamo più timore, dicono che più cerchiamo di evitare qualcosa e più quel qualcosa ce lo ritroveremo di fronte prima o poi. E allora la maturazione personale può realizzarsi solo afferrando la “bestia” per le corna.


D. Quando è capitato a te?

R. Non credo esista un momento soltanto. Questo lo penso in generale perché l’ho visto nella mia vita. In fondo, ci sono molti tipi di maturazione e molti momenti che ci cambiano la vita in questo senso. A volte capita di incontrare persone molto mature sotto un certo profilo ma profondamente immature sotto un altro punto di vista. Credo che il processo di maturazione, come quello di apprendimento, duri per tutta la vita.

 

D. A fare da sfondo alla storia è Roma, città che è diventata la tua casa, dopo aver lasciato Genova. Cosa ti ha spinto a rimanere nella capitale, oltre alle possibili occasioni lavorative?

R. Mi sono trasferito a Roma quando avevo 9 anni. Un po’ come Edoardo, il protagonista del mio romanzo. Roma ormai è la mia città. Non ho mai pensato realmente di lasciarla, nonostante le difficoltà che chi vive a Roma conosce molto bene. Anche se poi le sue bellezze ricompensano. Ci sono molti posti incantevoli e magici, come via Piccolo mini protagonista di uno dei momenti più romantici del libro. Roma è la mia città, e lo sarà sempre, ma non è detto che ci vivrò per sempre. Se potessi scegliere mi piacerebbe molto vivere a Parigi… o magari ambientarci una storia.


D. Sei scrittore, ma sei anche addetto stampa e conduttore e speaker radiofonico. Come riesci a far conciliare tutto?

R. Ho un segreto: non faccio tutto contemporaneamente (ride, ndb). Attualmente ho un po’ accantonato l’attività di comunicatore e quella radiofonica per concentrarmi sul lavoro che svolgo per una fondazione attiva nei campi della ricerca, dell’educazione e della didattica, e sulla scrittura. Ho delle idee in testa che sto cercando di concretizzare: un secondo romanzo e una serie di racconti che hanno come sfondo l’ambientazione romana...


D. Da conduttore radiofonico qual è stata la notizia più difficile da dover annunciare al microfono?

R. Ho condotto trasmissioni tematiche, una sul cinema e un’altra sulla musica country. In entrambe c’era uno spazio dedicato alle news. Diciamo che le notizie più difficili, le più triste, erano quelle legate alla scomparsa di personaggi come attori e cantanti che entrano prepotentemente nelle nostre vite tanto da considerarli quasi di famiglia, quasi amici. E quando scompaiono, perdiamo anche una parte di noi, della nostra vita, del nostro passato.

 

D. L’omosessualità in Italia è sdoganata o c’è ancora tanta strada da fare, se consideriamo che la legge Zan potrebbe non vedere tanto presto la sua approvazione visto il contesto politico a cui dobbiamo tenere conto?

R. C’è ancora tanta strada da fare. Non solo esteriormente, le aggressioni verbali e fisiche ne sono l’esempio più concreto, ma soprattutto interiormente, culturalmente. La legge Zan, che appoggio, deve essere un primo passo perché è importante che la legge condanni comportamenti e, più in generale, manifestazioni di odio e discriminazione nei confronti degli omosessuali e delle categorie che ancora subiscono discriminazione. Ma il vero cambiamento, la vera rivoluzione è sicuramente quella culturale a cui devono aderire interi settori della società civile: la scuola, la famiglia, i mezzi di comunicazione, la politica.

D. In una società in cui l’offesa maggiore per alcuni è del dare del “frocio”, che consiglio daresti a un giovane che ancora deve fare i conti con la propria sessualità per non farsi “affossare” da certe parole?

R. Gli consiglierei di non soffocare quello che prova, quello che sente di essere per paura di non essere accettato o di essere discriminato. Ma è chiaro che se si è soli, se non si è circondati da famiglie amorevoli, da amicizie supportive e da un contesto sociale accogliente tutto possa risultare più difficile. Però a volte bisogna solo guardare meglio perché nessuno è veramente solo. Le associazioni, per esempio, che tutelano le vittime di discriminazione e di violenza.


D. Nell’addio è il titolo del romanzo ma in uno degli addii che hai dovuto affrontare nella tua personale esperienza, cosa hai imparato?

R. Che l’amore può finire. Ma che se finisce solo per una delle due parti coinvolte, allora sono guai.


D. E, invece, cosa vorresti che imparassero i lettori dal tuo romanzo?

R. Ad affrontare le loro paure. Perché, comunque vada, ne vale sempre la pena.  

 

Per seguire “Nell’addio” sui social network è possibile collegarsi alla pagina Facebook del romanzo, al suo profilo Instagram (@nelladdio) e alla playlist della colonna sonora della storia di Edoardo e Alessandro su Spotify.