Valerio Cruciani: « Non si può e non si deve giudicare nessuno per il modo in cui gode del suo corpo e della sua mente»

 


 Si intitola “Lo scioglimento dei ghiacci” il nuovo romanzo di Valerio Cruciani, pubblicato per Ensemble, in cui Roberta, la protagonista, passa da essere considerata una donna rispettabile a donna di dubbia moralità, per un cambio di "priorità".


Roberta, infatti, all’inizio appare come una donna con una  vita “normale e soddisfacente”; un marito produttore cinematografico, una figlia avuta in gioventù che vive all’estero e un lavoro stimolante all’università, grazie al quale combina la didattica all’esperienza sul campo, che la porta spesso tra i ghiacciai del mondo a studiarne l’evoluzione.


Eppure, quella tranquillità, quella lentezza e pazienza che i suoi studi le impongono nell’osservazione della natura, all’improvviso le vanno stretti; basta una chiacchierata durante una première cinematografica con Valeria, alias Yolanda Hastings, regista di film “sperimentali” e “femministi” per adulti, per infonderle il dubbio che tutto il suo mondo di “fermi immagine” necessiti di una sferzata di energia e di slancio.


Inizia così una duplice percezione di Roberta, che da stimata professionista, moglie e madre, al diventare virale del film, si trasforma agli occhi degli altri in donna di dubbia moralità, dai gusti sessuali discutibili, professionista non più (o non solo) della glaciologia, avvezza più all’appagamento dei suoi piaceri sessuali che all’accudimento dei suoi cari. Roberta, tuttavia, non si sente di giustificarsi, di motivare le sue scelte; è se stessa, e questo, nel bene e nel male, la rende felice.


Valerio Cruciani a Il mio mondo espanso ci parla del suo romanzo e assieme a noi traccia un quadro delle pressioni sociali che ancora oggi le donne devono subire e che sono il punto centrale del suo romanzo.

 

L’intervista

 

D. Valerio, nel romanzo parli di come la donna ancora oggi sia vittima di una società che la vuole, con le eccezioni del caso, “angelo del focolaio” e che la condanna se esce dal seminato. Ti sei dato una spiegazione di questa visione?

R. Credo sia un antico retaggio del quale ancora non ci siamo liberati. Di sicuro ha un peso determinante la cultura religiosa che definisce la nostra mentalità, e non mi riferisco solo al cristianesimo, ma proprio al pensiero tradizionalista. L’imperatore Augusto, giusto per fare un esempio, riportò in auge una legge che puniva severamente le donne adultere. Ma nel mio romanzo credo di essere andato oltre: la polemica, oggi, è invertita. Si critica e si giudica anche la donna che non esce dal seminato. La donna-madre, la donna-di-casa, non ci basta più, la donna-che-non-lavora è un obbrobrio, un fallimento della società, la donna-che-non-gode-pubblicamente è un pericolo. Ecco, tutto questo fa parte della stessa cultura: quella che aprioristicamente considera la donna un oggetto da giudicare, perché fondamentalmente, ancora oggi, la nostra è la cultura del maschio e del maschile.



D.
Nel romanzo Roberta, la tua protagonista, è rispettabile finché si “mostra” madre e moglie impeccabile e lavoratrice “normale”, ma perde tale stima quando si dedica a un lavoro dove le donne scelgono secondo la propria visione come vivere, anche sul piano sessuale,la propria vita. Perché questo non avviene per gli uomini?

R. In realtà credo che avvenga anche per gli uomini. Senza contraddirmi rispetto alla risposta precedente, credo che il nostro sistema culturale, proprio per essere ancora così androcentrico, sottoponga l’uomo a pressioni e giudizi costanti, anche se di ordine diverso rispetto a quelli a cui è sottoposta la donna. L’uomo è in via di ridefinizione e l’idea tradizionale di mascolinità è in discussioneda tempo. C’è una costante tensione tra il vecchio mondo (maschio rude, sciupa femmine, lavoratore, giocatore d’azzardo, intellettuale, perdonabile) e il nuovo mondo (maschio che aiuta nei lavori domestici, dall’orientamento sessuale non più rigidamente binario, rispettoso, paterno, privo di macchia).


D. Il sesso, o meglio la libertà di appagarsi sessualmente, è poi l’elemento chiave con cui si giudica negativamente una donna. Se lo fa e dimostra di piacerle è una poco di buono, diversamente è appellata come frigida. Come la si mette, la donna è comunque giudicabile, sbaglio?

R. Sempre. Anche qui c’è una costante tensione nella nostra cultura. Mi riferisco ai discorsi, soprattutto a quelli che passano inosservati, alle pubblicità, a certi distinguo poco sottili che troviamo ancora in molti pezzi di giornalismo, alla musica pop. Da una parte la donna deve pubblicizzare il proprio corpo e il proprio godimento (non solo pornografia, penso anche a come i giocattoli sessuali stiano uscendo dalla clandestinità anche in Italia), dall’altra deve mantenere tutto ciò nel segreto del proprio boudoir. Il problema è proprio continuare a dare al sesso e alla sessualità una centralità che, invece, dovrebbe appartenere solo alla sfera privata e al tempo che il nostro psicanalista eventualmente ci dedica.E questo, attenzione, colpisce anche gli uomini di ogni orientamento sessuale. Non si può e non si deve giudicare nessuno per il modo in cui gode del suo corpo e della sua mente (sempre che non rechi danno a nessuno). Ma è più forte di noi, perché il sesso, in fondo, è la forza più poderosa, è il motore dell’essere umano.


D. A chi o a che cosa si può attribuire la colpa, se così possiamo chiamarla, di questa condanna mediatica?

R. Credo che in fondo ci sia la consapevolezza, da parte del maschio, della sua progressiva perdita di potere. Non a favore della donna, o non solo. Ma a favore, direi, della Natura, del caos, della Storia. Il Maschio, che finora ha generato la Storia, ora conta sempre meno. Come essere umano privo di Storia. È un oggetto di consumo tra gli altri, e non è pronto ad affrontare questa battaglia. Le donne, quindi, tradizionalmente collocate su un piano inferiore, sono ancora più facili da bersagliare. Non ci si può sfogare contro l’ideologia dominante. Le donne sono sempre più un obiettivo facile, uno sfogo a portata di mano. Ciò vuol dire, dal mio punto di vista, che il maschio è un perdente, un’altra vittima. Anche perché oggi la Donna sta comunque assumendo ruoli di primo piano in ogni ambito.

E poi ci sarebbe da fare tutto un discorso a parte sui social media. Se vogliamo parlare di condanna mediatica non possiamo non additare le reti sociali come strumenti eccellenti del potere. I migliori, perché siamo noi a gestirli direttamente (almeno ne abbiamo l’impressione). Questo è uno dei temi presenti ne “Lo scioglimento dei ghiacci”.


D. La cronaca continua a fornirci notizie di donne vittime di uomini incapaci di accettare la fine di un rapporto, o di ripicche atte a denigrarle agli occhi della comunità in cui vive. Donne che oltre a subire l’affronto, devono pagarne anche le conseguenze, rimanendo marchiate a vita. Sono passati secoli, ma la “lettera scarlatta” continua a esistere, sbaglio?

R. Purtroppo mi pare di sì, stando alla cronaca. Ma vorrei sempre ricordare come tutto il discorso che stiamo facendo porti conseguenze nefaste anche agli uomini. Voglio dire, non dobbiamo polarizzare, non dobbiamo cadere nella trappola manichea del bianco e del nero. Ci sono uomini che soffrono tremendamente durante i processi di separazione, che rimangono soli, che non trovano reti di sostegno, vengono privati delle cure dei propri figli per automatismi da tribunale che poco hanno a che fare con la realtà di ogni singolo caso. Ci sono anche uomini che subiscono violenza (fisica e psicologica) da parte delle donne. E non mancano casi di cronaca recenti anche in questo senso. Direi, quindi, che questo è l’atteggiamento intellettuale che ho cercato di mantenere per tutta la stesura de Lo scioglimento dei ghiacci: dobbiamo indagare le cause di un male che colpisce tutti noi.



D.
Come ti spieghi il fatto che le prime a puntare il dito contro le donne sono le stesse donne, che tendono a giustificare gli uomini che compiono certi gesti. Si può parlare di misoginia interiorizzata?

R. Non saprei, sinceramente. Probabilmente sì, i modelli culturali dominanti sono stati pienamente assorbiti da tutti e vengono messi in pratica per lo più in modo inconsapevole.Ma non mi stupisce: nel nostro mondo scarseggia la vera solidarietà. Siamo tutti macchine da competizione.


D. Oltre che uno scrittore sei anche un insegnate. Queste dinamiche “degli adulti”, le riscontri anche fra i più giovani, o le nuove generazioni hanno superati certi limiti culturali?

R. La cosa migliore di questo lavoro è che ti permette di conoscere da vicino le nuove generazioni. E ti obbliga a non dimenticare come eri tu alla loro età. Non puoi tralasciare il tuo adolescente interiore, se vuoi fare discretamente il professore. Sì, purtroppo mi pare che i ragazzi di oggi ci somiglino troppo. Non hanno superato quasi niente. Le ragazze devono indossare shorts sempre più corti, ma poi non possono parlare di masturbazione con le proprio coetanee. Questa è una delle confessioni che mi hanno fatto. Le ragazze si sentono perennemente giudicate. I ragazzi fanno di tutto per nascondere il proprio orientamento sessuale, quando non è quello “giusto”. I parametri culturali, purtroppo, sono esattamente gli stessi di quarant’anni fa. Sono cambiate le cose meno importanti: la moda, l’accesso a un benessere superficiale e illusorio... Una cosa sì che è cambiata, ed ha un’importanza centrale: il loro modo di accedere al sapere, alle informazioni, alla cultura. Sono i primi figli di un mondo sempre meno analogico, e non è una questione secondaria.

 

D. Per concludere, che cosa speri rimanga del tuo romanzo a chi lo leggerà?

R. L’emozione strisciante e profonda. Spero che rimangano le domande e una sensazione di nuovo, di apertura, di avventura. Il gusto della lettura, della parola scritta.