"Ragazzi chimici", Andrea Mauri e Angela Infante raccontano il fenomeno del chemsex

Cocaina basata, mephedrone, crystal e GHB sono solo alcuni dei protagonisti di festini, che sempre più spesso vengono organizzati per sballarsi e fare sesso a lungo e senza limitazioni. È il fenomeno del chemsex, nato e sviluppatosi soprattutto a Londra, ma che sta prendendo sempre più piede anche in Italia. Neologismo coniato da David Stuart, il chemsex connota non solamente l’uso e abuso di sostanze psicoattive al fine di migliorare, prolungare e stimolare l’attività sessuale, ma identifica propriamente l’uso che se ne fa nelle comunità gay omosessuali.

Negli ultimi anni, soprattutto in Europa ma con casi anche negli Stati Uniti, il chemsex ha preso sempre più piede delineando un preciso rituale: App come Grindr o incontri casuali con chi già è addentro a queste situazioni facilitano l’individuo alla partecipazione a festini, i chill, il cui ingresso è rigorosamente sottoposto al pagamento di un feed per l’acquisto delle sostanze stupefacenti utili all’evento. Una volta pagato il proprio contributo, si può accedere a questi chill con un numero variabile di partecipanti (dalle 3 alle 20 persone), durante i quali la musica di sottofondo e i video porno passati in loop fanno da cornice a incontri omosessuali la cui durata può protrarsi anche per più giorni, a seconda della disponibilità delle sostanze stupefacenti precedentemente acquistate con le quote a disposizione. Direttamente derivanti da questa pratica, sono altre, anch’esse insidiose, situazioni: dallo sviluppo di una forte dipendenza da sostanze tossiche a quello di IST – Infezioni Sessualmente Trasmissibili.

A caratterizzare il chemsex, infatti, è l’uso di sostanze insidiose come il GHB, meglio nota come “la droga dello stupro” (quindi sedativa ma che al contempo aumenta la sensibilità tattile), unitamente ai cristalli di metanfetamina (dall’intenso effetto stimolante) o al mefedrone (anch’esso stimolante ed eccitante), che portano spesso al cosiddetto “craving”, ossia al desiderio e necessità di un consumo sempre maggiore di sostanze stupefacenti. Per quanto riguarda invece le infezioni sessualmente trasmissibili, questi incontri, senza freni inibitori, portano spesso al non uso di preservativi, con conseguente loro maggiore diffusione.

Un mondo sconosciuto ai più, che ci viene raccontato, forse per la prima volta nella narrativa di “intrattenimento”, da Andrea Mauri e Angela Infante, attraverso 10 racconti brevi, nati da testimonianze vere, raccolte tramite interviste a ragazzi che lo praticano.

“Ragazzi chimici – connessioni di chemsex”, pubblicato da Ensemble edizioni, con la postfazione a opera del sessuologo e docente universitario Filippo Maria Nimbi, risulta essere, pertanto, un documento importante  sia per conoscere l’argomento sia per fermarlo e limitarne i danni.

 

 L’intervista

 

D. "Ragazzi chimici" è un’antologia basata sul chemsex, che si ispira a storie vere, che avete ascoltato e raccolto attraverso delle interviste. Prima di entrare all’interno del loro contenuto,voglio chiedervi qual è stata la molla che vi ha fatto interessare all’argomento.

MAURI: L’idea è stata di Angela. Mi ha proposto di scrivere questo libro e ho subito accettato. È stata l’occasione per approfondire le dinamiche di un fenomeno di cui avevo sentito parlare e che mi incuriosiva.

INFANTE: Lavoro da più di 10 anni in un reparto di Malattie Infettive con persone sieropositive e ascolto le loro storie.  Un paio di anni fa, alcuni di loro hanno manifestato l’interesse a parlarmi e confrontarsi su questo fenomeno, qualcuno perché ne aveva sentito parlare, qualcuno perché aveva partecipato ad alcune sessioni.

Durante il primo lockdown, complice la chiusura forzata, ho iniziato a domandare di poter fare delle “chiacchierate” sull’argomento; è stato tutto molto fluido, senza riserve e con onestà, con interesse e senza giudizio, nasce così l’idea.

 

D. Dicevamo che i racconti contenuti all’interno del libro sono ispirati alle testimoniane raccolte attraverso delle interviste. Come siete arrivati a questi testimoni?

MAURI: Su questo ti risponde Angela, perché è lei che ha realizzato le interviste. Io ho ricevuto il materiale, che ho sbobinato appuntandomi gli aspetti più forti, in un certo senso quelli più narrativi, per trasformarli in storie. Il mio lavoro è stato quello di rispettare l’anonimato che gli intervistati ci hanno chiesto, renderli irriconoscibili nei racconti senza tradirne però le emozioni e i sentimenti, cioè la psicologia dei protagonisti, introducendo dei necessari elementi narrativi.

INFANTE: Ho chiesto ad un amico grafico di preparami una locandina, dove lasciando il mio indirizzo mail, chiedevo di essere contatta, da persone che erano coinvolte a vario titolo nel fenomeno del chemsex; anche con una mail fittizia, una chiacchierata per conoscerci. Quindi, ho postato la locandina sui miei profili social; ha incuriosito molti uomini e poi è stato semplice. Ho anche molti amici gay all’interno della mia comunità e il “passaparola gay”, (mi ricorda il film di Ryan Murphy The normal heart), ha fatto il resto. Sicuramente mi ha aiutato il fatto che io lavori in campo HIV.

 

 

D. Cosa vi ha colpito maggiormente dei loro racconti?

MAURI: Mi sono trovato davanti a uno scenario che non immaginavo. Le motivazioni dei ragazzi chimici sono molteplici. A riprova del fatto che nella vita nulla è solo bianco, nulla è solo nero e che il chemsex è un fenomeno trasversale. Nei racconti ho sentito tanta solitudine e pure un’ansia da prestazione. Tra le righe emerge uno sminuimento del corpo e una difficoltà a percepirsi in armonia con il mondo, sia sul piano fisico che su quello psicologico. Ma c’è anche chi fa chemsex per puro svago, per migliorare la prestazione sessuale. Questi sono gli aspetti di un fenomeno che tutti dovrebbero conoscere per smontare qualsiasi sorta di pregiudizio in merito.

INFANTE: Quello che mi colpisce in ogni storia che ascolto con genuino interesse. Mi ha colpito la fiducia nel narrarsi, la consapevolezza di quello che stavano facendo nelle mille tonalità di grigio in cui tutti viviamo, la capacità di analizzarsi nei comportamenti: riconoscere la dipendenza o solo lavoglia di divertirsi e il tentativo, a volte ironico, a volte lancinante di non prendersi, sempre, troppo sul serio. Tutti consapevoli nel riconoscere che sarebbe arrivato “un loro tempo” per smettere.

 

D. E quale è stata, invece, la storia che più vi ha scosso e perché?

MAURI: Per me è stata quella del racconto intitolato “Orgasmo livido”. In questa storia il chemsex parte all’interno di una coppia con delle modalità forti: innanzitutto una grande differenza d’età tra i due protagonisti e poi con atti consensuali che si avvicinano a una certa violenza, ma sempre nel reciproco rispetto e accordo. In un secondo momento l’esperienza si allarga ad altre persone con esiti disastrosi.

INFANTE: Non credo ce ne sia una particolare, quando si ascolta senza giudizio, le parole scorrono con un loro senso, e fanno meno male. Quella in cui ho dovuto più contrastare la sensazione frustrante di totale impotenza, è stata “Anonimo Veneziano”; a questa storia, dallo svolgimento singolare, perché fatta di persona, non ero pronta. Nella lettura se ne può intravedere “trasparente” il perché.

 

 

D. Perché il chemsex sta prendendo sempre più piede nella società e perché fra le persone, giovani e meno giovani, si sta affermando l’idea che per un amplesso ci sia il bisogno di assumere sostanze stupefacenti?

MAURI: Da un lato mi sembra di percepire una certa curiosità nell’esplorazione del sesso attraverso nuove modalità. Dall’altro gioca un ruolo fondamentale la percezione che si ha del proprio corpo. Come dicevo prima, si sta diffondendo un’ansia di prestazione, un’inadeguatezza di fronte a modelli di corpi perfetti e di atti sessuali vigorosi, al limite del bestiale in qualche caso, veicolati dai video porno. Assistiamo a un bombardamento sostanzioso di questi messaggi, che possono generare l’ansia di inseguire qualcosa di irraggiungibile perché non ci appartiene.

INFANTE: Possiamo analizzare e indagare tutti i comportamenti legati a pratiche più o meno trasgressive, lecite, opportune e con gli aggettivi potrei andare avanti per lunghe righe ma penso che la risposta “giusta”, ammessa che ce ne sia una, è da “ricercare” nella richiesta, non giudicante, alle persone interessate. Io faccio in questo modo.

 


D. Chi fa sesso sotto effetto di metamfetamine è consapevole delle conseguenze che potrebbero generarsi?

MAURI: I ragazzi chimici raccontano in che modo hanno affrontato il cosiddetto down da assunzione di droghe, cioè il momento in cui le sostanze cessano il loro effetto e li sprofondano in una grande incertezza. Sono consapevoli del rischio di isolarsi per giorni interi, di vivere in una dimensione parallela, di rinunciare alle relazioni interpersonali, di sviluppare problemi di concentrazione sul lavoro e nel peggiore dei casi di arrivare persino a perderlo. E affrontano tale consapevolezza in modo differente. Per esempio, alcuni sviluppano una mania di tenere tutto sotto controllo per scandire con regolarità la partecipazione ai chill; altri faticano a imporsi il controllo sul desiderio e la necessità di un consumo sempre maggiore di sostanze stupefacenti; altri ancora si preoccupano meno del futuro. Comunque sia, per me è fondamentale che si lavori sulla riduzione del danno per avere le risposte giuste a chi chiede aiuto.

INFANTE: La consapevolezza non è ospite benvenuto in queste sessioni; dalle esperienze raccontate e vissute in momenti come questi, lunghi momenti che diventano giorni, la mente è affollata da pensieri e da fantasie che abitano gli stati di incoscienza. La consapevolezza abita la vita di ognuno di noi, prima o dopo la sessione di chemsex, in quell’attimo, credo, non vale il “cogito ergo sum”.

 

 

D. Nel libro si fondono le vostre competenze, Angela sei una counselor e una educatrice mentre, lo sappiamo benissimo, Andrea sei uno scrittore di talento. Come nasce la vostra collaborazione?

MAURI: Frequentavo le associazioni glbtqi+ e gli eventi che organizzavano. Mi piacevano molto quelli ideati da Angela. Gli ultimi suoi cui ho partecipato sono stati una serata di teatro counseling e una sfilata di moda in occasione della giornata mondiale della lotta contro l’Aids. Non ricordo però qual è stata la prima occasione, quella in cui ci siamo conosciuti.

INFANTE: Conosco bene il mio lavoro: ascolto storie, raccolgo storie e, a volte, mi diletto a scriverle. La nostra collaborazione nasce dalla voglia di fare “qualcosa” insieme per la nostra comunità, con onestà, non raccontando solo “i colori che colorano” il nostro orgoglio, ma anche quelli “acidi” che lo rappresentano. Quello con Andrea è stato un incontro magico, ma è stato un bellissimo incontro anche quello con l’editore che ha creduto in noi,Matteo Chiavarone di Ensemble, e quello di tutte le persone che “girano” intorno a questo progetto; progetto che poteva anche risultare “scomodo”.

 

D. Su quale aspetto vi siete confrontati maggiormente e cosa avete imparato l’uno dall’altro durante la lavorazione?

MAURI: L’aspetto fondamentale è stato quello di rispettare le storie che questi ragazzi hanno deciso di regalarci. Non era scontato che aderissero all’appello di uscire allo scoperto e raccontare aspetti profondi, intimi e delicati della loro vita. Il rispetto che doveva passare necessariamente, come ho detto prima, attraverso l’attenzione con la quale costruire i racconti che fanno parte del libro. Che cosa ho imparato da Angela? La schiettezza di porsi al prossimo, la risolutezza con la quale porta a termine gli obiettivi e la semplicità con la quale gestisce la sua energia inesauribile che tutto e tutti travolge.

INFANTE: Il confronto è il sale della vita, e io notoriamente mangio con l’aggiunta di molto sale. Non potevo perdere l’occasione ghiotta di lavorare con Andrea. Amo il suo stile di scrittura asciutto e onesto, la gentilezza e l’eleganza con cui entra nelle vite degli altri e un genuino interesse per i fatti della vita.

Cosa ho imparato? Ad avere una sorta di pazienza, dote che non mi caratterizza!

 

D. Per concludere, Ragazzi chimici quale elemento di riflessioni speriate lasci nel lettore?

MAURI: Mi piacerebbe che il lettore venisse toccato da queste storie fino a sentirle proprie, magari arrivando persino a immedesimarvisi. Secondo me, tutte le esperienze, anche le più estreme, raccontano qualcosa di noi. Inconsapevolmente fanno emergere i nostri lati oscuri, quelli che preferiamo non vedere. Ebbene, se questo libro ci autorizzasse a scavare nel nostro io più buio fino a destabilizzarci, allora sarebbe un ottimo risultato. Del chemsex se ne deve parlare. Credo che in futuro arriveranno nuovi studi scientifici sul fenomeno, che si cercherà di misurarne la portata e che, come succede già in altri Paesi, si appronteranno dei servizi adeguati alla prevenzione e alla riduzione del danno. Nel frattempo però è bene parlarne in ogni luogo.

INFANTE: Sarò lapidaria, ognuno confezionerà le sue; io voglio solo che se ne parli!