Le Interviste: Marco Stizioli (Marcolino) Esclusiva


Si conclude il week end monotematico dedicato a Marco Stizioli, alias Marcolino, e al suo primo libro Cronache di un (non) pervertito - Le avventure di Marcolino. Nell'intervista che segue leggerete del perché l'autore ha scelto di pubblicare il suo libro, ma anche l'importanza che ha avuto la letteratura nella sua vita. Subito dopo il salto.
A sabato prossimo per l'ultimo week end del 2012.

 
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Le Interviste
Marco Stizioli (Marcolino)
Esclusiva 
Nella foto: La vignetta di Marcolino
 
Cronache di un (non) pervertito è il tuo primo libro ed è una raccolta di racconti autobiografici che raccontano le tue esperienze con la sessualità. Cosa ti ha spinto a dare alle stampe il tuo vissuto?
Come direbbe un mio caro amico: “Guadagnare soldi!”. E poi, dove hai letto che le Cronache sono racconti autobiografici? (sorride ndr). In molti cadono in quest’errore, anche perché mi piace molto farli cadere. Mi piace giocare con l’ambiguità e non far capire al lettore se ciò che scrivo l’ho vissuto oppure me lo sono inventato. Diciamo che alcuni ambienti dei miei racconti riguardano la mia vita, per esempio a Lisbona ci sono stato e la conosco molto bene avendoci fatto l’Erasmus, oppure quando parlo della Bassa padana, beh… Ci vivo tuttora! Voglio però distinguere le cose: sulla carta/web c’è Marcolino, nella vita vera Marco Stizioli.  I due si vogliono bene, si contaminano, ma sono due cose diverse. Se fai soffrire Marcolino, lui si lamenta per due pagine; se fai soffrire Marco Stizioli, lui, anzi io, soffro davvero. Quando ho scoperto la Lite editions, la mia casa editrice, ho pensato che fosse perfetta per i miei racconti. E così, senza pensarci, di getto, buttandomi, mi sono proposto come autore. Ed eccomi qua: è nato tutto come un gioco. Le avventure di Marcolino e il suo trasformarsi da cartone animato/personaggio inventato a persona – un po’ come Pinocchio ma Marcolino fa le pompe e si fa le pippe – penso possano dire qualcosa ai lettori d’oggi. Non ho scritto il capolavoro del secolo, ovvio. In una società in cui il sesso è ovunque, la storia di uno che fa davvero sesso ovunque, che lo fa con tutti perché vuole scandalizzare tutti, può però essere un po’ utile. Anzi, un po’ necessaria.

Quello che colpisce subito, leggendo il tuo libro, è lo stile con cui racconti le tue avventure. Definire il tuo un libro erotico, secondo me, è riduttivo perché, seppur riporta episodi legati al sesso, racconta tutto con una scrittura che definirei alta e che lo differenzia dagli altri libri di genere.  Come nasce la tua scrittura?
Che bella domanda, bravo! E mi fa piacere che pensi non siano solo libri erotici. A me la letteratura di genere, infatti, non mi piace particolarmente. La trovo riduttiva, come tutte le categorie.  È vero che al suo interno puoi trovare veri geni, come Asimov per la sci-fi oppure Sofia Natella, che non è ancora molto conosciuta, ma con il suo libro La disposizione degli organi interni descrive il sesso in un modo così coinvolgente che ha eccitato pure me che non sono un patito della parti anatomiche delle donne. Però, insomma, loro scrivono di cose che trascendono i generi e parlano al cuore dell’umanità intera. Ecco, penso che la mia scrittura nasca da questa volontà: usare l’alfabeto per raccontare dell’uomo e delle stelle e dei pianeti e delle foglie e oggi c’è ancora un po’ di neve per le strade. Poca, ma è lì. Mi piacerebbe riuscire a regalare la sensazione del freddo che dà quando la stringi forte e lei già scivola via. Quando scrivo è come se giocassi con i Lego: ogni parola è un mattoncino che sposto, piego alle mie voglie, lo assemblo ad altre parole, puntando molto sulla musicalità. Con pochi vocaboli voglio rendere visibile il singolo momento, un’immagine: due righe ed eccola. Che bello sarebbe poterla sfiorare. Mi piace sperimentare con la lingua e allora, altre volte, scrivo frasi lunghe lunghe, un insieme intricato di virgole, e accumulo aggettivi, metafore e passo da una prosa asciutta a una barocca, ampollosa. Adesso come adesso, per esempio, sono in fissa con la scrittura che imita l’oralità. Dunque è tutto un fiorire di ecco, allora, insomma, beh, boh… Poi sono uno diretto e volgare. Il cazzo lo chiamo cazzo. Il culo è un culo. E c’è poesia, tanta, in un insieme di culi aperti in attesa di piselli allerti.

Un aspetto dei tuoi racconti che mi ha colpito particolarmente è il modo con cui ti avvicini al sesso. Sembra quasi che tu lo faccia per soddisfare il tuo bisogno di colmare la solitudine che la vita in una piccola cittadina della bassa Padania ti costringe. Ė così? E se è sì, quanto tutto questo ha influito su di te e sulla tua “formazione” emotiva e sentimentale? 
Hai centrato il punto. Ma in realtà è Marcolino che fa sesso per colmare la sua solitudine. Lui scrive di questo. Io gli ho dato solo voce. Le sue avventure parlano di tutto ciò e di come ha trovato una via per uscire da sé, dalla solitudine e iniziare a regalarsi una formazione emotiva e sentimentale. 
Perché, insomma, che vita di merda è senza l’amore?  Ci tengo a precisare – e questo per me è molto importante – che sia per me, sia per Marcolino, il far sesso per colmare la solitudine non è una cosa eticamente sbagliata. Ci sta. Fa bene.  È bello. Se ti piacciono i corpi, i pisellini e o le patatine, perché non toccarli e “usarli” per provare piacere e sentirti un po’ meno solo? E non ci trovo neppure niente di male a usarci solo per godere.
Poi, certo, l’amore è decisamente meglio. Ma se ami, ami anche quando non scopi.  Credo, poi, che ognuno di noi debba essere libero di andare a letto con chi e con quante persone vuole. Personalmente rispetto molto chi sceglie la castità: è il suo corpo, non il mio.  Se loro non vogliono farsi toccare, che ne posso sapere io del perché? Come non voglio essere giudicato io, perché dovrei giudicare loro?
A me piace scopare e tanto. Mi diverte.  Quello che vorrei comunicare con Marcolino è che sì, scopare è bello, scopati pure tutta la città in cui vivi, succhia, lecca, infilati in oscuri buchi, però ricordati sempre che prima di tutto sei una persona che ha bisogno delle altre persone, che ha diritto all’amore e a essere libero, anche dal sesso.  Forse il rischio della promiscuità sessuale è questo: dimenticarsi di essere un essere umano e diventare solo una macchina che sfonda orifizi. E questo non è tanto bello. Certo, c’è gente che si scopa il mondo e non smette mai di essere una persona. Per Marcolino non è stato così. Ma quando lui, e un po’ pure io, ha scoperto di far parte dell’umanità - e sembra, questa, una banalità ma secondo me è invece il discorso centrale di ogni vita - , tutto è cambiato. E allora ai cazzi che succhi, preferisci i rutti che emetti, al bar, con gli amici.

Tu nasci principalmente come blogger e proprio sul web hai iniziato a raccontare di te e della “tua (non) perversione”. Mettendo a confronto le due “attività” e i rispettivi feedback dei lettori, quali ti hanno lasciato o ti lasciano più sorpresi?
Non sono ancora così famoso da avere millemila feedback (sorride n.d.r). A volte, soprattutto su Twitter, ricevo bei complimenti. Altri miei post non se li caga proprio nessuno.  Ma penso sia normale. 
Per quanto riguarda le Cronache, Il grande colibrì ne ha parlato male in questa recensione e mi ha fatto molto riflettere su alcuni errori che ho fatto nella progettazione della storia. Dall’altro lato, invece, Scrittevolmente l‘ha valutata positivamente. Leggi tu stesso qua.
È anche capitato che lettori comuni mi abbiano scritto in privato dicendo che i miei racconti li hanno eccitati (sorride ndr).

Che ruolo ha avuto la lettura nella tua vita e quale è il libro a cui sei legato e perché?
Mi piace molto leggere, ma non sono un patito, uno di quelli che divorano libri su libri. Leggo ciò che mi piace e quando ho voglia. E anche per questo so perfettamente che l’attività di scrittore non potrà mai diventare la mia professione. La cosa non mi preoccupa. Leggere, scrivere, la cultura in generale, sono per me un hobby. Vivere ha la priorità. Comunque penso che il libro al quale sono più legato sia Quaestio 98, nudi senza vergogna di Adriana Zarri, una teologa italiana del Novecento che definiva i protestanti come “fratelli riformati” e quando le chiesero cosa le piacesse di papa Ratzinger rispose qualcosa del tipo: “Mi piace che gli piacciono i gatti”. Era una favorevole al sacerdozio per le donne e già qua la amo. Questo libro parla di Dio e di sesso e di amore e dell’uomo in un modo che mi ha stravolto la vita. Racconta di ‘sto monaco che esce dal monastero, ritorna al laicato per rispondere alla domanda: “E se il sesso fosse addirittura meglio della castità?”. E a ‘sta domanda noi rispondiamo: “Sì, ovvio. Grazie al cazzo!”, ma per un cattolico la risposta non è così semplice. La Zarri si dimostra una rivoluzionaria vera, che non vedeva la carne come peccato ma come uno dei doni di Dio. Perché siano ciccia, carne, molecole, ed è dalla ciccia, dalla carne, dalle molecole che passa il nostro stare al mondo. Riporto una citazione del libro: “No, lasciami dire, debbo dirtelo. "Di carne" vuol dire non duro, non di pietra, vuol dire misericordioso, ma anche... anche di terra, di sensi, di passione [...]”.

Durante il periodo in cui prendevi coscienza della tua omosessualità, c'è stato un libro a tematica che ti aiutato? Se sì quale e perché?
Orlando di Virgilia Woolf. Senza dubbio. Perché c’è quell’ambiguità che sa di vita e realtà. E poi Le 120 giornate di Sodoma, del Marchese de Sade. Lo so, non è a tematica gay, ma leggendolo ho capito che posso, anzi possiamo, essere e fare, nel sesso e nella vita, un po’ tutto ciò che vogliamo. Certo, de Sade descrive un mondo malato in cui chi ha potere domina su chi non ce l’ha. La sua, inoltre, è una visione troppo semplicistica della libertà e della realtà. Ma l’elemento malato delle sue storie, che ti fa superare i limiti, quasi quasi sfiori la morte, esercita un potente fascino su di me.

Che consiglio daresti a chi volesse intraprendere il tuo cammino di scrittore?
Gli consiglierei di leggere questa cosa di Umberto Eco: Non è bene inviar manoscritti…. Illuminante. E spero sia di Eco. Su internet non ho trovato nulla che lo confermi. Beh, anche se non fosse di Eco, il contenuto dà eco ai miei pensieri.
Io comunque sono uno che scrive, non uno scrittore. Lo scrittore ha una dignità che io non merito e forse neppure voglio. Poi l’espressione “uno che scrive” la trovo molto indicata per me: uno tra i tanti che, tra le tante cose che fa, scrive anche.  

Intervista: Francesco Sansone
 

Prefazione: Paolo Vanacore
Copertina di e con Giovanni Trapani
Prezzo: 15,00 Euro