Le Interviste - Roberto Paterlini. Esclusiva
Si conclude con oggi il week end monotematico dedicato a Roberto Paterlini. Nell'intervista che tra poco leggerete, lo scrittore bresciano ci parlerà dei suoi romanzi Cani randagi e Il ventiquattrenne più vecchio del mondo, della sua passione per lo sport e per la letteratura, dando, infine, un consiglio a tutti coloro che sognano di diventare degli scrittori. Dopo il salto.
Con questa intervista Il mondo espanso dei romanzi gay si ferma per le festività natalizie e tornerà a parlarvi di romanzi (in cui la denominazione gay serve solo a indirizzare coloro che cercano storie fra uomini e non per etichettarli in un sottogenere della letteratura) e di nuovi autori che hanno tanto da raccontare.
Buon Natale a tutti,
ci vediamo sabato 19 Gennaio 2013.
Cosa c'è di più bello di leggere un libro davanti a una tazza calda di tè?
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Le Interviste
Roberto Paterlini
Nella foto: Roberto Paterlini |
Cani Randagi è un libro che tramite il
succedesi dei vari personaggi, percorre
ben ottant’anni mostrando 3 generazioni di omosessuali e 3 modi di
essere e vivere l’essere gay. Come nasce il progetto?
Il
progetto è nato grazie a internet. Sono incappato nel sito
giovannidallorto.com, attraverso il quale ho scoperto un pezzo di storia di cui
non sapevo nulla. Sul sito, poi, c’era un’intervista risalente agli anni ’80, e
lì è scattata la scintilla iniziale su tutta la prima parte del romanzo... Poi,
però, mi sembrava giusto unire i due episodi passaticon il presente, pensando a
me che scoprivo quelle vicende... E da questo è nata la seconda parte del
romanzo.
Tramite
la storia di Luigi de Lorenzi, il
lettore si trova catapultato negli del fascismo, delle deportazioni gay, quando
questi ancora venivano chiamati pederasta,
degli anni in cui non si parlava di coppie gay ma di arrusi e di maschi bisognosi di sfogare
le proprie pulsioni. Quanto è stato difficile tracciare una ricostruzione
storica così lontana, per certi aspetti, dal nostro oggi?
Mi
sono potuto documentare su dei saggi straordinari, che mi hanno aiutato molto:
“La città e l’isola” di Tommaso Giartosio e Gianfranco Goretti, che consiglio a
tutti, e poi anche “Il nemico dell’uomo nuovo” di Lorenzo Benadussi, oltre
naturalmente al sito di Dall’Orto. L’aspetto più difficile era riuscire ad
affrontare la lingua di una regione che non era la mia in un periodo che non era
il mio... Da questo problema è nata l’idea di scrivere tutta la prima parte del
romanzo al presente e senza virgolettare i dialoghi.
La
particolarità del tuo romanzo è l’intreccio di tre archi temporali e dei loro
protagonisti. Questa struttura mi ricorda molto un romanzo pubblicato qualche
anno fa da Michael Cunningham dal
titolo Le Ore.
Hai letto quel libro, ti ha dato l’imput per la stesura del tuo romanzo?
Nomini
un romanzo che ho amato e amo molto, di uno scrittore straordinario. In realtà
l’escamotage
del ritrovamento parte addirittura da Manzoni con I Promessi Sposi,
e lo si trova molto spesso anche nel cinema... È vero che, come nel libro di
Cunningham, anche in Cani Randagi si passa attraverso tre generazioni unite da
qualcosa. Diciamo che ne Le Ore
il collegamento è più etereo, che ci sono dei temi che ritornano da generazione
a generazione e il vero punto d’unione è la letteratura: Viginia Woolf scrive Mrs. Dalloway,
la signora Brown lo legge e Clarissa è una moderna Mrs. Dalloway... In Cani Randagiil
collegamento attraverso la cassetta è più... diciamo strumentale, e l’intento è
anzi quello di mostrare quanto siano diverse le tre generazioni e le loro
problematiche.
L’amore
sta alla base del romanzo, ma viene presentato in vari modi e quello che
colpisce è proprio la differenza fra gli anni del fascismo e quello dei giorni
nostri. Mentre Luigi sogna di poter vivere liberamente il suo amore con Franco,
Giacomo sembra volerlo fuggire come se fosse il peggiore dei mali per un essere
umano. Davvero pensi che oggi sia cambiata così tanto la percezione dell’amore,
oppure ti sei basato su un’esperienza ben precisa?
Bè,
diciamo che Giacomo è un ragazzo moderno. Non è così insolito che gli uomini ai
giorni nostri vedano nell’amore qualcosa di pericoloso. Amare significa
rinunciare a una parte importante di libertà, a volte umiliarsi, altre fare
cose un po’ sciocche... Nell’episodio degli anni ’30 Luigi brama l’amore perché
non lo può avere. Oggi c’è una tale libertà di scegliere, che amare qualcuno in
particolare può addirittura sembrare un sacrificio, per certe persone. Però
attraverso Giacomo non volevo certo fare un discorso sociologico. Giacomo non
rappresenta i ragazzi moderni, è un ragazzo moderno... un po’ particolare (sorride ndr)
L’’ultimo
aspetto del tuo libro che voglio affrontare con te riguarda l’AIDS. La malattia
è, in qualche modo, alla base della storia di Francesco e Matteo che si consuma
proprio negli anni in cui l’epidemia si affaccia nel mondo per la prima volta.
Mentre negli anni ’40 la pena per gli omosessuali era il confino, negli anni
’80 è la malattia a punirli, come se per gli omosessuali non ci possa mai
essere la totale libertà di amare senza una minaccia a spaventarli e a
bloccarli. Perché hai voluto affrontare anche questo aspetto?
Devo
dire che è stato un caso dovuto alla cronologia dei fatti. Come ti accennavo,
le prime interviste ai confinati risalivano proprio a quel periodo, la metà
degli anni ’80.... Sapevo che la seconda vicenda del libro sarebbe stata quella
del giornalista che scendeva a Catania a intervistare Luigi de Lorenzi, e visto
il periodo mi è sembrato inevitabile che nella sua storia giocasse un ruolo
importante l’Aids.
Cani Randagi è
il tuo secondo romanzo, ma proprio in questi giorni è ritornato in commercio,
in una versione rieditata e allungata, il tuo primo lavoro dal titolo Il ventiquattrenne più vecchio del mondo.
Cosa ti ha spinto a rieditarlo e rifarlo uscire adesso?
Dopo
l’esperienza di editing su Cani Randagi ero molto carico, per cui ho pensato
che sarebbe stato interessante provare a fare lo stesso lavoro su qualcosa di
sufficientemente distante da permettermi di essere obiettivo come un editor. È
stato un esperimento, che per il momento è disponibile solo in versione
online... Ma sto cercando un editore interessato a questa nuova stesura.
Speriamo che da qualche parte ci sia...
In
entrambi i tuoi romanzi lo sport, il tennis in particolare, è molto presente,
anche in maniera dettagliata e mai marginale. Devi amarlo davvero tanto questo
sport se hai deciso di formulare, in Cani randagi, la teoria sutifo e amore.
Bè
sì, il tennis è uno dei grandi amori della mia vita... Sono fortunato, ho tanti
amori! Narrativamente, poi, è uno sport che a mio parere si presta molto a
essere raccontato. Innanzitutto perché è individuale, solitario, fatto molto di
tattica e forza mentale... E poi perché ha una storia lunga e
interessantissima, piena di episodi, personaggi e aneddoti straordinari.
In Cani Randagi
il lettore non può non fare a meno di notare le citazioni di Tondelli, di Wilde e dello stesso Cunningham di cui abbiamo parlato poco fa.
A questo punto la domanda nasce spontanea: Che ruolo ha avuto, e ha tutt’ora,
la letteratura nella tua vita?
Sono
una persona che legge, molto sopra la media nazionale – e non ci vuole molto,
dirai tu e diranno i tuoi lettori – però parlerei più di ruolo dell’arte in
generale che non di ruolo della letteratura in sé. Diciamo che sono molto
attento alla scrittura in tutte le sue forme, dalla narrativa, alla poesia,
alla sceneggiatura... fino ai testi delle canzoni. Le parole rivestono una
grande importanza nella mia vita... Tondelli ha rappresentato molto per me; è
lo scrittore che per primo mi ha fatto desiderare diventare uno scrittore. Ma
le ispirazioni sono davvero tantissime e, ripeto, non solo letterarie.
Durante
il periodo dell’accettazione della tua omosessualità, c’è stato un libro a
tematica gay che ti ha aiutato a non sentirti il solo? Se sì, quale?
Ma
guarda... In realtà, se devo pensare alle mie letture di romanzi “gay”, se da
un lato è vero che mi hanno tenuto compagnia, mi hanno anche e sempre fatto
sentire persino più diverso. Se penso a Leavitt, White, Hollerand, Hollinghurst
e altri, raccontano un mondo talmente distante dal mio... forse perché tutti
ambientati in Gran Bretagna o negli Stati Uniti, che mai e poi mai avrebbero
potuto farmi sentire membro di qualcosa... Anche Tondelli, pur narrando storie
“italiane” era troppo diverso da me per via del periodo, gli anni ’70-’80, e
per come erano (sono) i suoi personaggi... Quindi devo dire che pur avendomi
fatto molta compagnia, tutti questi autori che ho nominato, per certi versi mi
facevano anche sentire più solo... Sia chiaro, non era certo un problema. Forse
li ho apprezzati anche per questo, perché mi raccontavano qualcosa di molto
diverso da me e dal mio mondo. Quindi li consiglio tutti, tutti quelli che ho
nominato, ma solo perché sono grandi scrittori...
Che consiglio daresti a chi
vuole intraprendere il cammino di scrittore?
Mi
sento un po’ in imbarazzo a dare consigli, perché anch’io muovo i miei passi
con esitazione e non so esattamente cosa si debba o non debba fare, soprattutto
se si parla di editoria... Ciò che mi sento di consigliare a chiunque abbia
ambizioni artistiche, è di trattare la passione che hanno con serietà e
rispetto, bene attenti a non trasformarla in un hobby e consapevoli che ogni
forma d’arte – e la scrittura in particolare, così solitaria - richiede grande
impegno, rinunce e sacrifici...
Intervista: Francesco Sansone
Prefazione: Paolo Vanacore
Copertina di e con Giovanni Trapani
Casa Editrice: Tempesta editore
Prezzo: 15,00 Euro
Complimenti a Roberto Paterlini, che non conoscevo e ho scoperto ieri grazie al sito di Francesco. Dopo aver letto la presentazione di "Cani Randagi", che prevedo di leggere prossimamente, ho acquistato l'eBook "Il ventiquattrenne più vecchio del mondo", che ho letteralmente divorato ieri sera in un paio d'ore e mi è piaciuto moltissimo. Roberto è un bravissimo scrittore ed è riuscito ad amalgamare alla perfezione le storie dei vari personaggi, presentate in maniera asincrona e non sequenziale. Il risultato finale è uno straordinario romanzo che parla di amore e relazioni interpersonali, come avrebbe potuto scrivere Tondelli nei nostri giorni.
RispondiEliminaMarco
Bè, grazie mille :)
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