Susan Moretto - Intervista all'autrice di "Occhi di ghiaccio"
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A cura di Lilia Stecchi
A cura di Lilia Stecchi
Grafica di Giovanni Trapani
Dopo avervi parlato del suo ultimo romanzo 'Occhi di ghiaccio' qualche giorno prima della pausa estiva, oggi vi propongo l'intervista a Susan Moretto.
Nata e cresciuta in Friuli, dove vive assieme al compagno, al figlio e a un numero variabile di animali che la fanno impazzire, la Moretto debutta nell'editoria nel 2013 con il romanzo 'Betty’s Place', edito da Alcheringa Edizioni. Nel 2014 pubblica il suo secondo lavoro 'Sopravvissuti', Edizioni Diversa Sintonia, e quest'anno 'Occhi di ghiaccio', Triskell edizioni.
Occhi
di ghiaccio è il tuo nuovo romance m/m pubblicato dalla 'Triskell
Edizioni'. Come nasce la storia e la collaborazione con la casa
editrice?
La collaborazione con la case editrice per me è sempre
una questione molto poco sentimentale e decisamente di marketing:
Triskell Edizioni è una delle poche CE che si occupa di gay romance
(o almeno lo era all’epoca del mio primo m/m), quindi la mia è
stata una scelta quasi obbligata. Ora invece il panorama editoriale
si è un po’ allargato per quanto riguarda questo genere, ma
continuerei a scegliere la Triskell per la qualità dei suoi lavori e
per la rete di blog a cui si appoggia per la pubblicità. Come ho
detto: niente sentimentalismi, alla fine anche un autore è un
imprenditore.
Per quanto riguarda la storia di 'Occhi di Ghiaccio',
invece, sono stata molto più istintiva e magari anche un pochino
sentimentale. La storia è nata pressappoco così: *ATTENZIONE! CI SI
IMMERGE NELLA MIA MENTE MALATA A VOSTRO RISCHIO E PERICOLO!* mi sono
messa a pensare cosa sarebbe successo se fossi diventata una
scrittrice famosa e i miei romanzi fossero approdati al cinema. Già
mi immaginavo Johnny Depp/Brad Pitt/ecc ecc pronti chiedere la mia
mano, e poi mi sono detta “fermi tutti! E se si parlasse di due
uomini?”. Il resto è storia…
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La
storia ruota intorno a Jess, scrittore di romance m/m, e Adam, attore
hollywoodiano affermato. I due a prima vista sembrano diversi eppure
non è così. Se Adam è gay e non ha problemi a vivere la sua “vita
gay”, Jess è etero e scrive romanzi che parlano di amore fra
ragazzi solo per far cassa. Eppure la vicinanza fra i due porterà,
Jess a fare i conti con la propria sessualità. Perché hai deciso di
far capire a Jess di essere gay solo dopo aver conosciuto Adam?
In
realtà non ci ho mai pensato: la storia mi è arrivata così. A
posteriori posso dire che preferisco le storie in cui la scoperta
della propria omosessualità casca fra capo e collo al protagonista,
e forse questa mia preferenza ha influenzato la storia.
Jess
però terrà sulle spine Adam per molto tempo. Infatti a momenti di
cedimento e di accettazione seguono quelli di negazione. Come ho
scritto nella recensione che ho fatto del libro, Adam è stato un
santo a resistere, però sono convinta che il tuo intento era quello
di mostrare al lettore che se c’è l’amore, non importa quanto,
si debba aspettare per essere felici, l’importante è che prima o
poi la gioia arrivi. Mi sbaglio?
Ehm… E se dicessi che sbagli?
Vedi, io sono una persona che odia l’amore e tutti i sentimenti
positivi che una persona prova, o quanto meno mal li sopporta. Al
contrario adoro le emozioni negative: trovo che il dolore renda un
personaggio molto più interessante rispetto la felicità. Quindi con
il comportamento di Adam volevo mostrare come la pazienza e l’amore,
a un certo punto, non siano abbastanza per continuare un rapporto.
Per quanto profondamente si ami, ognuno di noi può arrivare al punto
di rottura in cui continuare un rapporto non vale più la sofferenza
provata. Adam è un personaggio positivo, con una pazienza eterna e
molta speranza, e io volevo vederlo perderle entrambe.
Passiamo
alla tua attività di scrittrice: come arrivi al genere romance m/m e
cosa ti ha dato la spinta per scriverne uno?
È
stata una blogger! Aveva recensito “Sopravvissuti” e aveva
parlato delle scene di sesso, che sono descritte in maniera molto
delicata, quasi glissando. Lei lo trovava bello, mentre io l’avevo
fatto perché credevo di non essere capace di confrontarmi con delle
descrizioni dettagliate dei rapporti fisici. Quindi mi sono detta “mi
butto nel romance e vediamo se sono capace”. Ho scelto l’m/m per
un semplice caso: era (ed è tutt’ora) un genere che leggo
moltissimo, quindi mi è venuto naturale preferirlo al classico m/f.
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Occhi
di giacchio non è il tuo primo lavoro, ma arriva dopo Betty’s
Place e Sopravvissuti. Ci parli un po’ di queste due opere?
Betty’s
Place è un urban fantasy e racconta la storia di Stella, una donna
con dei problemi psicologici legati a un trauma avvenuto nel suo
passato, che si ritrova a prendere in affitto una casa infestata da
delle presenze, non sempre così benevole. Tutto nel romanzo nasconde
una storia: la protagonista, la sua vicina di casa, la casa stessa.
Ci sono misteri ovunque.
Sopravvissuti invece parte dall’idea
che i Maya avessero ragione, e che a dicembre 2012 il mondo sia
finito. Barbie (un nome, una garanzia) è una ex modella e oca
giuliva che affronta l’apocalisse e soprattutto gli anni
successivi, in cui si cerca di ripristinare la società.
Entrambi
i romanzi (così come Occhi di Ghiaccio) usano la trama per
nascondere un messaggio, una morale: in Betty’s Place si parla del
valore della vita, e di quando non vale più la pena vivere, mentre
in Sopravvissuti la morale è la crescita e i propri obiettivi
personali, e cosa si è disposti a fare per raggiungerli. In Occhi di
Ghiaccio… dovrete scoprirlo voi!
Facendo
un bilancio fra le tue opere, cosa ti ha lasciato ognuna di loro sia
in termini affettivi che in termini di rapporto con i lettori?
Per quanto riguarda il rapporto con i lettori mi sono resa conto che
varia moltissimo da genere a genere. Escludo subito Betty’s Place:
è uscito solo cartaceo, quindi ha raggiunto troppe poche persone per
fare testo. Per quanto riguarda Occhi di Ghiaccio ho scoperto un
fandom che ama alla follia questo genere, e che mi ha apprezzato
dandomi molta soddisfazione (soprattutto alla luce di come è nato il
mio romanzo: un esperimento che ha avuto successo). Per quanto
riguarda Sopravvissuti il discorso è più complesso: da un lato
abbiamo le amanti dell’urban fantasy che si accostano al distopico,
e hanno apprezzato il romanzo e ciò che volevo trasmettere con esso.
Dall’altro invece ci sono i lettori di fantascienza pura, che
l’hanno detestato perché la parte fantascientifica è solo una
“scusa” per affrontare argomenti morali.
In termini affettivi
sono particolarmente legata alle mie protagoniste donne, tutto
l’opposto delle donniciole che popolano molti romanzi. Le ho create
con i peli sul petto e degli attributi grandi così, probabilmente
perché è come vorrei essere io: non senza paura, ma capace di
affrontarla. A ben vedere anche alcuni personaggi dei miei m/m (e
penso soprattutto a quello che uscirà l’anno prossimo) hanno
questo coraggio, ed è ciò che amo di più in loro.
Una
delle critiche che spesso rivolgono al genere m/m è quello di
rispecchiare poco le dinamiche delle relazioni gay. Sei di questo
avviso o semplicemente questa è una critica che può essere rivolta
a singole opere?
Ah, che bella domanda! La verità è che non ne
ho idea. Mi piacerebbe discuterne con qualcuno che vive in prima
persona le relazioni gay, ma se dovessi sbilanciarmi direi che il
genere m/m rispecchia le relazioni reali tanto quando lo fa il
classico romance per le relazioni etero: molto poco. D’altro canto
è un romanzo, narrativa, non un saggio, quindi ci sta che ci sia un
abbellimento della realtà. Così come è vero che alcuni m/m hanno
personaggi maschili poco credibili, degli uomini in gonnella
addirittura. Ma questo dipende dall’autore, non dal genere.
Per
concludere, cosa ti auguri resti dei tuoi lavori ai lettori?
Ciò
di cui ho parlato prima, la morale che inserisco (senza accorgermene,
a dir la verità) nelle mie trame. Perché una storia può essere
dimenticata, ma ciò che suscita in noi e ciò su cui ci fa
riflettere mette radici in noi.
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