Le Interviste: Francesco Mastinu Esclusiva
Si conclude questo week end monotematico dedicato allo scrittore sardo che ha debuttato in questi giorni con il suo primo romanzo, di cui vi ho parlato ieri, Eclissi. Nell'intervista che tra poco leggerete, potrete scoprire alcune curiosità riguardanti al suo romanzo, ma avrete anche spunti di riflessione su temi come coming out, diritti gay e molto altro ancora.
Buona lettura.
Le interviste
Francesco Mastinu
Esclusiva
Nella foto: Francesco Mastinu |
Eclissi è il tuo
primo romanzo. Quali emozioni accompagnano questo debutto?
A dire il vero
Eclissi è il primo romanzo che pubblico, ma non il primo in ordine cronologico
che ho scritto. Anzi, a dire il vero è
l’ultimo che ho scritto. Ma sto divagando. Sì, Eclissi è il mio esordio in
campo letterario, dopo qualche sporadica uscita in antologie collettive e in
giornali free nel web. Le emozioni che ho provato, dopo aver ricevuto quest’estate
la proposta dall’editore, sono molteplici: felicità, ansia, gioia e commozione.
Adesso, a poche ore dall’uscita ufficiale mi sono assestato sull’ansia da
prestazione e sulla commozione per essere riuscito a non far prendere polvere
anche a questa storia, come è successo a tutte le altre. Il debutto è un misto
di aspettativa per ciò che sogno: avere
l’opportunità di dire qualcosa, di trasmettere le emozioni che mi porto dentro
e riuscire a trasferirle a più persone possibili.
Si avvicina l'autunno, cosa c'è di più bello di leggere un libro davanti a una tazza calda di tè?
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Il romanzo è una
bellissima storia d’amore fra due uomini Riccardo e Alessandro che si
incontrano una sera in discoteca per non separarsi più, affrontando le
difficoltà che una coppia gay può trovare sul suo cammino. Come nasce la storia
e quanto hai impiegato a dare corpo al libro?
Le mie storie
hanno le genesi più strane, a volte parto da un dettaglio e ci costruisco
attorno un contorno, un intento magari. Poi prendono corpo, le traduco in
sinossi e le scrivo, cercando di portarle alla fine.
Nello specifico
Eclissi nasce da un’emozione che ho provato ascoltando una canzone. Ero in un
locale con un’amica, e l’ho sentita per la prima volta. Il contenuto mi è
rimasto talmente impresso che poi, quando una mattina ho immaginato una scena,
mentre ascoltavo la canzone (alla guida, io ho queste illuminazioni nei momenti
più strani): Riccardo che saluta Alessandro dopo la separazione. Insomma, ho
tentato di buttare giù un racconto, ma è diventato in pochi giorni un romanzo.
Il tempo che ci
ho messo, diciamo che è relativo al modo che io ho di scrivere: da gennaio ad
aprile la prima stesura su tre quadernoni (sì, sono uno di quei pazzi che
ancora scrive le prime stesure interamente a mano), un mese per rivisitarlo
ribattendolo al pc. Poi prima revisione. Poi una seconda revisione con l’aiuto
di alcuni amici scrittori/editor. Insomma, il romanzo definitivo che ho spedito
agli editori era pronto dopo 7 mesi dalla prima riga scritta su carta.
La particolarità
del tuo romanzo, che io ho apprezzato molto, è la presenza di due registri
linguistici. Il libro, diviso in quattro parti, alterna la narrazione diretta
di Riccardo a quella di un narratore onnisciente. Perché hai voluto usare
questa forma di narrazione?
Diciamo che sono
uso a mischiare i punti di vista. In questo caso avevo necessità di alternare
l’episodio del saluto al resoconto di Riccardo sulla loro storia, e inoltre
volevo sperimentarmi nell’uso della seconda persona. Così, insomma, è venuto
fuori Eclissi nella sua struttura odierna, conforme a quella originale che ho
messo giù nella prima bozza. Quattro parti, di cui la prima e la terza in prima
persona, la seconda in seconda persona e i prologhi in terza con focalizzazione
interna. Insomma, detto così sembra confuso, ma davvero, nel mio caso ero
convinto (e lo sono tuttora) che fosse funzionale alla trama procedere in
questo modo.
Un altro segno
distintivo del tuo Eclissi è la presenza della musica. Infatti ognuna delle
parti è preceduta da una canzone che in qualche modo ne anticipa i contenuti.
Quella di inserire le canzoni sembra esser diventata la normalità nei testi dei
nuovi scrittori. Secondo te, da cosa nasce
l’esigenza, per un autore, di far incontrare la musica con la scrittura?
La musica può
essere fonte di ispirazione, di emozioni di compagnia. Ma non vorrei che
passasse il messaggio che tutti gli esordienti e non scrivono a stretto
contatto con la musica. Non è così, alcuni lo fanno in silenzio, altri, come
me, non solo ascolta musica mentre scrive perché riesce a dar risalto
all’emozione, ma incastrano pure testi di canzoni strettamente legati al
racconto dentro la stesura. Ma io sono patologico (sorride ndr)
Per me la musica
è importante. Mi emoziona, mi fa compagnia, a volte mi ispira. Certo, poi
quello che scrivo prende direzioni drammaticamente diverse, ma comunque il mio
legame con la musica rimane forte. È quasi una necessità, un matrimonio per me.
Nel tuo romanzo
i momenti di felicità dei due protagonisti si alternano alle difficoltà che,
purtroppo, rappresentano la realtà di una coppia gay. Sapendo che vivi una
relazione stabile con il tuo compagno, mi sono chiesto, e quindi ti voglio
chiedere, quali delle difficoltà che una coppia gay può trovarsi a vivere, ti
spaventano di più e perché?
Beh, le
difficoltà possono essere diverse, ma tutte si riconducono a un’unica
problematica: l’assenza di tutela e di riconoscimenti per una coppia come la
nostra. Da questo si genera la frustrazione per non poter comprare casa con le
agevolazioni previste per le coppie eterosessuali, per dover spendere soldi per
atti notarili e giudiziari per avere il potere di decisione in caso di
malattia, morte o periodica impossibilità a esprimere le proprie volontà. La
paura di vivere in una società dove, nel bene o nel male, veniamo apprezzati
così come siamo ma a questo spesso corrisponde anche una cecità di chi dovrebbe
renderci cittadini identici a tutti gli altri, con pari diritti. Parlo dei
politici, parlo della Chiesa e parlo di chi si lascia condizionare da leggende
non veritiere e dall’omofobia imperante. Le difficoltà non appartengono alla
coppia, perché come coppia le sperimentiamo tutti i giorni, anche il solo dover
specificare a qualcuno che viviamo insieme o che siamo una coppia da ormai 12
anni, e ricevere il solito sorriso imbarazzato del “non ci avevo pensato” o “è
strano ma faccio finta che sia normale”.
Le difficoltà
sono del genere, della categoria o di come vogliamo classificarla. E la
responsabilità in parte sta a chi ha alimentato il pregiudizio, in parte anche
a chi non ha saputo proporre un modello normale di omosessuale. So che è un
discorso ampio (e io sono il primo a perdermici dentro), per cui concludo: temo
le difficoltà che possano minare la nostra unione, le tragedie, o gli
adempimenti burocratici negati.
Un altro aspetto
che emerge nella pagine del tuo libro è la difficoltà dei genitori di accettare
l’omosessualità di un figlio. Secondo te, cosa spinge due genitori a rinunciare
a un figlio a causa dell’omosessualità?
L’ignoranza e il
pregiudizio. Anche l’idea che “i gay mi stanno bene fintanto che non sono
dentro casa mia”.
Molti genitori
rifiutano o non accettano che per un figlio ci possa essere un’alternativa del
genere. Di norma è un percorso doloroso, dove soffrono loro per le aspettative
infrante e per la paura di veder soffrire il proprio sangue e di per contro è
doloroso per i figli non saper corrispondere alle aspettative dei genitori, alle
loro proiezioni di riflesso sulla loro vita. Ma di norma questi dilemmi,
tendono a risolversi. Ma quando un genitore è talmente ottuso da anteporre il
suo pensiero al riguardo al proprio figlio, si generano meccanismi perversi di
rifiuto, abbandono, violenza. Sì, tutto si origina dalla poche dimestichezza
con l’omosessualità, dall’ignoranza e il pregiudizio, che di certo già vengono
fomentati all’esterno.
Il coming out,
in Eclissi, è uno dei temi LGBT che ho voluto rappresentare nella storia,
proprio perché è un percorso comune a tutti, e che può avere le conseguenze più
disparate.
Che ruolo ha avuto la lettura nella tua vita e quale è il
libro a cui sei legato e perché?
La lettura ha avuto un ruolo importantissimo. Senza leggere
non sei in grado di poter scrivere, e soprattutto di farlo in maniera adeguata.
Il mio unico problema è che non so indicare un libro, ma diversi libri a cui
sono legato per vari motivi e che mi hanno dato tanto, in diverse fasi della
mia vita.
Davvero, indicarne uno per me significa tradire gli altri.
In ogni momento di difficoltà, la
lettura ha saputo aiutarmi, emozionarmi, farmi riflettere. Di certo, uno di
quelli a cui sono più legato, è “L’onda perfetta” di Sergio Bambaren. La capacità
di sognare e di lottare per realizzare i propri obiettivi. Splendido. Per i
contenuti, di certo, questo libro merita la menzione, ma non è il solo, e
rischierei di occupare l’intero blog con tutti gli altri, per cui vado oltre xD
Durante il periodo in cui prendevi coscienza della tua
omosessualità, c’è stato un libro a
tematica che ti aiutato? Se sì quale e perché?
Non uno particolare, perché mi sono accostato alla lettura
dei libri di genere con molta timidezza, tempo dopo. Posso però dire che ho nel
cuore “La corsa di Billy” di P.N. Warren, che ho letto qualche anno fa, quando
la mia coscienza era ormai strutturata. Davvero non scherzavano, nell’edizione
italiana, quando parlarono della “più bella storia gay mai scritta”.
Quel libro è emozione, compartecipazione, emozione. Un vero
peccato che sia stato edito in Italia con tanti anni di ritardo rispetto
all’uscita in America. E anzi, che la trilogia non sia stata nemmeno pubblicata
tutta.
Che consiglio daresti a chi volesse intraprendere il tuo
cammino di scrittore?
Parto dal presupposto che ciascuno ha diritto ad avere il
proprio, di cammino. Un cammino che non può essere simile a quello di altri, ma
peculiare, individuale. Poi, diciamo che io sono ancora alle prime armi, e mi
sono appena mosso dentro il mondo dell’editoria. Ho ricevuto tante batoste,
alcune lodi, mi sono rialzato, ho lottato, ho detto “smetto e scrivo solo per me”. Eppure sono qui, oggi, a parlare del
mio esordio, perché l’idea di comunicare era più importante del relax che provo
con la penna in mano.
Non so. Il primo consiglio è quello di prendere le critiche
come spunto per non demordere e migliorarsi. Accettare, per quanto è difficile,
che non siamo perfetti e che tantomeno, senza impegno e lavoro, il talento
possa emergere. Non desistere soprattutto perché, dietro ai no, oltre magari
alle inadeguatezze di stile, ci stanno anche altri motivi che non hanno a che
fare con il nostro lavoro “scrittevole”
ma con altri aspetti di mercato e marketing. Sicuramente il mio consiglio
successivo è anche quello di non rincorrere una pubblicazione a tutti i costi,
perché ci sono tante insidie in giro, che promettono risultati che invece non
consentono un sano percorso a chi ama scrivere ed essere letto. Da due anni io
frequento (e attualmente sono nello staff) di un network italiano che si occupa
di editoria e di scrittura, il Writer’s Dream. Ecco, grazie a questo luogo
virtuale ho scoperto molte cose, ho migliorato la tecnica, ho condotto le mie
emozioni nel modo forse non corretto, ma migliore di prima. Ho scoperto che è
preferibile non pubblicare, piuttosto che pagare per farlo e fregiarsi di un
titolo (quello di scrittore) che in realtà non ti appartiene. Ho imparato a non
svendermi pur di sentire frusciare le pagine col mio nome stampato sopra. E
alla fine, dopo impegno, ho incontrato una casa editrice come Lettere Animate e
sono contento per aver avuto quest’occasione. L’ultimo consiglio è quello di
leggere, leggere, leggere e leggere tanto. Non si cresce partendo dal
presupposto di non aver proprio nulla da imparare.
Intervista: Francesco Sansone
Autore: Francesco Sansone
Prefazione: Paolo Vanacore
Copertina di e con Giovanni Trapani
Casa Editrice: Tempesta editore
Prezzo: 15,00 Euro
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