"Breve storia dei capelli rossi", il viaggio nelle leggende e supestizioni sui "pel di carota" di Giorgio Podestà
Uscirà domani, lunedì 26 ottobre, nelle librerie italiane “Breve storia dei capelli rossi”, il nuovo libro di Giorgio Podestà, scrittore, poeta e fashion blogger, pubblicato da Graphe.it edizioni.
Un viaggio attraverso le leggende e le superstizioni, spesso poco amichevoli, legate ai capelli rossi, per capire da dove provengono e quanto siano diffuse ancora oggi nella nostra società. Podestà, inoltre, si è divertito a ricercare nella storia, nell'arte e nel mondo della moda e dello spettacolo tutti i più celebri «pel di carota» raccontandoci come abbiano, più o meno orgogliosamente, sfoggiato la propria sfumatura naturale, talvolta al punto da farne una vera icona di stile.
“Breve storia dei capelli rossi” è il secondo lavoro che Podestà dà alle stampe, e arriva dopo “E fu il giorno in cui abbaiarono rose al tuo sguardo”, la raccolta poetica pubblicata sempre con Graphe.it edizioni. Giorgio Podestà, tuttavia, è anche un eccellente traduttore. A lui si devono, infatti, le traduzioni in lingua inglese dei romanzi di alcuni degli scrittori più apprezzati degli ultimi anni, fra questi il Premio Strega, Ferdinando Camon.
L’intervista
D. Giorgio, partiamo dal soggetto del libro: i capelli rossi. Come è maturata la curiosità verso questo argomento?
R. Una curiosità maturata da bambino quando guardavo i capelli rossi di uno zio d’acquisto. Ero affascinato da quella sua chioma così imperiosamente diversa. Mi appariva come un punto esclamativo che non ammettesse repliche o incertezze. Sappiamo quanto certe suggestioni infantili abbiano peso e presa in noi. Sono echi che non si spengono mai e oggi infatti li ritroviamo, uno per uno, nella “Breve storia dei capelli rossi”.
D. La storia, intesa come tradizione e leggenda, ci ha sempre regalato un’immagine cattiva delle persone con i capelli rossi. Scrivendo questo libro, sei riuscito a capirne il perché?
R. Credo che la sua radice primaria sia la diffidenza. La diffidenza per la diversità. Per chi si stacca dalla moltitudine. Mostra caratteri o tratti giudicati inconsueti, dunque potenzialmente pericolosi. La storia, del resto, è ricca di esempi poco edificanti. A volte, lo sappiamo bene, si è trattato di vere tragedie. Persecuzioni drammatiche. Senza via di scampo.
D. All’interno di “Breve storia dei capelli rossi”, non solo hai scovato delle curiosità, ma ti sei divertito a ricercare i più famosi “pel di carota” del modo artistico che non hanno avuto problemi a mostrare il proprio rosso. Chi sono i personaggi che più ti hanno affascinato e perché?
R. Un mondo in forte chiaroscuro, popolato da teste rosse che, nel corso dei secoli e dei tanti mutamenti sociali, sono apparse come presenze di forza e caparbietà. Tra i rossi abbiamo imperatori gloriosi e visionari come Alessandro Magno, esploratori non del tutto raccomandabili come Erik il Vichingo e regine che hanno invece plasmato a propria immagine e somiglianza un intero secolo come Elisabetta I d’Inghilterra. Figure per cui inevitabilmente si avverte un sentimento di ammirazione. Quasi di stupore infantile.
D. Oltre a essere uno scrittore e traduttore, sei anche un fashion blogger. Come riesci a conciliare questi aspetti?
R. Mi è venuto naturale conciliarli. La vita è un po’ come una giostra o se preferisci un cuoco che mette nel tuo piatto pietanze diverse, ma tutte appetibili. Perché allora concentrarsi solo su un gusto. Prediligere solo una ricetta? Non avrebbe senso.
D. L’essere un fashion blogger ha mai creato dei pregiudizi verso il tuo essere scrittore?
R. Non credo o almeno non ho mai avuto questa sensazione. Mi vengono in mente scrittori ben più importanti di me che hanno saputo conciliare questi diversi aspetti senza alcun timore. Gianna Manzini, a esempio, è stata una squisita giornalista di moda e questo, mentre scriveva romanzi indimenticabili come “La Sparviera” o “Allegro con disperazione”. I suoi articoli oggi raccolti nella “Moda di Vanessa”, edito da Sellerio, rimangono un luminoso esempio di come far coesistere questi differenti tratti. Io, nel mio piccolissimo e secondo le mie circoscritte possibilità, vorrei poter fare lo stesso.
D. Non dimentichiamo, però, che sei anche un poeta. Non a caso il tuo primo lavoro letterario è stato la raccolta poetica “E fu il giorno in cui abbaiarono rose al tuo sguardo”, pubblicato sempre da Graphe.it. Considerando la difficoltà che, ha oggi la poesia di affermarsi sul mercato, posso dire che sei uno a cui piace azzardare, sì?
R. Mi verrebbe da dire che l’azzardo è stato tutto dell’editore che ha creduto in me. Nei miei versi. La poesia non ha ascolto. Pochi la leggono. Quasi nessuno la compera. Il mio più sentito grazie va dunque all’editore Roberto Russo che vi ha investito tempo e denaro. Pochi l’avrebbero fatto.
D. Ti districhi, quindi, fra prosa, versi e linguaggio web. Se dovessi dare un aggettivo alle sensazioni che ciascuno di questi stili scaturiscono in te, quali useresti e perché?
R. Sono tre linguaggi diversi che tuttavia possono intersecarsi. Forse più che aggettivi se me lo permetti mi vengono in mente dei sostantivi o delle immagini.
D. Certo, dimmi pure.
R. La prosa, a mio avviso, è narrazione, corporeità, ordine anche quando è disordine. La poesia è invece la voce segreta dell’anima. La sua eterna anarchia. Un mare che, mutando quotidianamente, accoglie o rifiuta la luce. Il linguaggio web è, di contro, immediatezza. Tempestività. Centrare all’istante il bersaglio.
D. Per concludere, stai già pensando a un argomento da analizzare nel prossimo lavoro?
R. In testa ho diverse idee, ma è tutto ancora allo stato iniziale. Non mi spiacerebbe parlare di moda in modo più esaustivo in un saggio o magari ingranare un’altra marcia e raccontare storie. Per non parlare della poesia che, come un’amica fidata ed inseparabile, mi accompagna da sempre nella vita di ogni giorno.
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