Manuela Chiarottino: "Non amo molto le etichette. Per me ci sono solo belle storie o brutte storie."
Se dovessi descrivere con un aggettivo l’autrice che tra poco si racconterà a Il mio mondo espanso non potrei che usare: instancabile. Manuela Chiarottino è, infatti, una scrittrice dalle mille idee e dalle mille storie, capace di creare romanzi che entrano subito nel cuore delle sue lettrici e dei suoi lettori. Da poco è tornata con il romanzo “La nostra isola”, pubblicato da Triskell Edizioni, ma la sua bibliografia, ormai, vanta numerosi titoli.
D. Manuela, il tuo ultimo romanzo si intitola La nostra isola, un romanzo incentrato su una storia d’amore difficile e ostacolata dal contesto storico in cui si svolge. Come nasce la storia
R. Leggendo un articolo ho scoperto per caso l’avvenimento storico intorno a cui ruota il romanzo, cioè il confino inflitto agli omosessuali nell’isola di San Domino, negli anni antecedenti la Seconda guerra mondiale. Tra l’altro un sopruso che portò di fatto alla nascita della prima comunità gay italiana. Ho trovato subito fosse molto interessante e soprattutto che valesse la pena far conoscere questo episodio ai lettori. Da lì si è sviluppata la storia d’amore, un tramite in fondo per narrare la vicenda senza che diventasse un libro di storia.
D. Facendo un parallelismo fra il periodo storico narrato e quello attuale, quali similitudini e quali differenze riscontri sul modo con cui sono visti i rapporti omosessuali.
R. Se penso a quel periodo o solo all’Italia di qualche anno fa, sicuramente dei passi avanti sono stati fatti, ma ancora non basta. Per quanto mi riguarda chiunque deve essere libero di esprimere se stesso, il proprio modo di essere e naturalmente il proprio orientamento sessuale, senza per forza doverlo dichiarare né tantomeno essere additato per quello. Quindi differenze sicuramente, e per fortuna, ci sono, ma ancora oggi esistono fenomeni di bullismo legati all’omofobia, una sorta di ghettizzazione del diverso, è queste sono tristi similitudini. Se poi in quel periodo l’omosessualità non era ufficialmente dichiarata illegale, perché riconoscerla voleva dire ammettere che esisteva, oggi almeno se ne parla e un ragazzo/a ha possibilità di confrontarsi e sentirsi meno solo/a. Spostandosi in altri Paesi, invece, si possono purtroppo rivivere gli stessi accadimenti del passato, tra arresti e torture legalizzate. Si dovrebbe imparare dalla storia, per migliorarsi e migliorare il mondo intorno a noi ma, ahimè, a volte la storia si ripete soltanto.
D. Nella fase di scrittura, qual è il momento che preferisci?
R. In generale amo scrivere, quindi direi tutti, però se devo scegliere forse i primi momenti, quando scatta l’idea e c’è tutta una fase preliminare di ricerca, e poi la fine, quando ho raggiunto il “traguardo”, anche se dalla felicità passo subito all’ansia, nell’attesa di un riscontro con i lettori.
D. I tuoi romanzi sono rivolti principalmente a un pubblico femminile. Quale elemento non può mancare in un romanzo del genere per fare breccia nel cuore delle lettrici?
R. In realtà io spero che siano letti da donne e uomini, e in questo senso dei riscontri li ho avuti. Certamente essendo nel filone del romance, gli elementi base sono la storia d’amore, avversità contro cui combattere e il lieto fine. Al di là di questo cerco sempre di dare qualcosa in più del solo rapporto sentimentale, come spero di aver fatto in quest’ultimo romanzo.
D. Pensi che rivolgerti a un determinato pubblico possa etichettarti in qualche modo?
R. Per fortuna o sfortuna, ancora devo capirlo, sono un’autrice che ama sperimentare, quindi è vero che mi rivolgo di più alle donne e parlo di sentimenti universali, ma è anche vero che ho scritto storie legate al mondo lgbt come romance classici o chick-lit, senza tralasciare un erotico, storie per bambini e romanzi di narrativa, di cui uno che tratta forti tematiche femminili. Non amo molto le etichette, ma comprendo il bisogno di definire un genere letterario, per necessità di scelta e di mercato, però per me ci sono solo belle storie o brutte storie, storie che emozionano e storie che non suscitano nulla.
D. Il lockdown ha influito in qualche modo sulle vendite dei libri indipendentemente che siano self publishing o editati da Case Editrici?
R. Per quanto mi riguarda sì, perché in quel periodo avevo in programma un tour di presentazioni, fino al Salone del Libro, col mio romanzo di narrativa “Fiori di loto”, pubblicato con casa editrice e tra l’altro legato a un progetto benefico cui tengo molto, ma tutto è saltato e di conseguenza, essendo più una storia legata al cartaceo per tipo di argomenti e pubblico, anche delle vendite. Per quanto riguarda i self in quel periodo non avevo nuove uscite, però in generale, self o CE, ho sentito molti autori lamentarsi, perché presentazioni a parte sono saltate tutte le fiere del settore, solo in parte sostituite da eventi in rete, come una vera fiera on line che ho proposto e poi organizzato con i miei compagni del Csu.
D. In un mercato, quello del self, sempre più affollato, come si fa a non diventare una dei tanti?
R. Non è facile, ma credo che alla fine sia più utile e rasserenante seguire il proprio percorso, senza confrontarsi sempre con la classifica e quindi con le altre uscite, che come giustamente hai detto sono sempre di più. Per il resto bisogna curare il romanzo in ogni dettaglio, perché nel mare dei self c’è molta qualità come cose da gettare via. Bisogna credere in quello che si scrive, perché, almeno per me, non può essere solo l’argomento di moda, ma quello che io voglio dire in quel momento, e penso che il lettore lo senta. Sicuramente poi c’è chi sa spiccare meglio per indole personale, creando blog, intrattenendosi nei social ogni giorno; ecco forse in questo devo migliorare, mi piace il contatto con i lettori, confrontarmi, ma ho un lato riservato e parlo più dei miei libri che di me stessa e soprattutto cerco di evitare le polemiche che a volte nascono su fb.
D. Torniamo a "La nostra isola", qual è stato il feedback che più ti ha gratificata?
R. Quello di una ragazza che mi ha detto di essersi commossa fino alle lacrime, ma soprattutto di essermi grata per aver conosciuto attraverso il romanzo una parte della storia italiana che ignorava. Mi ha fatto moto piacere non solo perché sono riuscita a trasmettere un’emozione, ma per aver dimostrato che anche il romance, spesso sminuito, può trattare argomenti importanti pur mantenendo una certa leggerezza. E poi, se posso aggiungerlo, anche il messaggio che mi ha inviato un ragazzo, ringraziandomi in generale per le mie storie. Alla fine sono queste le cose che spingono a scrivere, più che le vendite.
Fonte foto:Facebook
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