'Nel nome del padre' - Lo spregiudicato e controverso romanzo di Edoardo B.

A cura di Francesco Sansone
Grafica di Giovanni Trapani
‘Nel nome del padre’, il primo romanzo di Edoardo B. (ErosCultura, prezzo 5,99 Euro. In esclusiva su Amazon) è una storia «sull’amore e sul sesso tra uomini. Nulla di nuovo. Un romanzo sul sesso dei sacerdoti gay. Nulla di sconosciuto dopo i tanti coming out di preti coperti dalla lobby gay del Vaticano, però scritto bene, molto bene da un giovane autore veneto che sa evitare la blasfemia e ci propone una storia di vero amore tra un sacerdote, che amerete per la sua simpatia e umanità, e un suo giovane parrocchiano, affamato più di affetto che di sesso, nonostante le apparenze. Una bella storia, emozionante e assai verosimile, passionale come sempre deve essere l’amore, anche tra sessi identici, basta solo che sia sincero, e quello tra Mauro e Luca lo è di certo. A chi avesse qualcosa da ridire, rammentiamo le parole di Papa Francesco sui gay; “Chi sono io per giudicare?” Ricordatele sempre. Adatto a un pubblico adulto.»
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Crea una copertina esclusiva per il romanzo
Quella che avete letto è la quarta di copertina del romanzo, ma, prima di soffermarmi sulla recensione del testo, credo sia doveroso, necessario quasi, dire che ‘Nel nome del padre’ non può essere letto da chi “consuma” solo e soltanto romance MM.  Edoardo B. ha dato vita a un romanzo erotico che appartiene a tutti gli effetti alla cosiddetta letteratura omosessuale e che, se non si è abituati al genere, è meglio non leggere perché non verrebbe apprezzato, capito, appieno. Ve lo dico sinceramente, non se ne può più di leggere in giro commenti di gente che massacra dei testi solo perché non rispecchiano i parametri dei romance mm.

Nella fattispecie a questo romanzo, e all’autore, è stata contestata l’età di Luca. Il ragazzo ha sedici anni, quasi diciassette, mentre Don Mauro ne ha 38. Ora, lontano da me dire se sia giusto o sbagliato, ma se ci sofferma su questo aspetto e non su ciò che ruota attorno al ragazzo, al romanzo in genere, allora non si è centrato il punto della storia. Se nel ‘Lolita’ di Vladimir Vladimirovič o  nel “La morte a Venezia”  di Thomas Mann ci si fosse soffermati sulla minore età dei protagonisti e non sulla completezza della storia, non sarebbero mai diventati delle pietre miliari della letteratura mondiale. Per questo trovo la polemica ridicola e sintomo di una ristrettezza letterale incomprensibile, soprattutto se avanzata da gente che legge “romance” che  affrontano aspetti più pungenti e  discutibili, a partire da una certa scrittura dettagliata, sviscerale e morbosa, oltre che fastidiosamente onomatopeica. Ribadisco, lontano da me dire se sia giusto o sbagliato, ma chi di noi, per scelta e non per imposizione, a sedici o diciassette anni non usciva con gente più grande? Ricordo che le mie compagne di classe uscivano con i ventenni, preferendoli a noi coetanei, considerati infantili.  Se poi ci metti l’elemento gay, l’uscire con quelli più grandi è quasi obbligatorio per un adolescente spaventato all’idea di non trovare altri coetanei come lui. Può essere triste sì, ma è la realtà nuda e cruda. Io stesso a 18 anni mi sono ritrovato a uscire con gente che non solo aveva il doppio della mia età ma, a volte, anche trent’anni in più. E vi dirò di più, se avessi accettato la mia omosessualità a 16 anni questo sarebbe potuto succedere ugualmente. Per ogni cosa bisogna contestualizzare e guardare le situazioni con lucidità. La vita non è un romance mm scritto da donne eterosessuali che, il più delle volte, mascherano relazioni fra uomini e donne in storie omosessuali e che non sanno come “funzionano” certe cose. Non lo dico in maniera offensiva, bensì con oggettività critica. 

Detto questo, scusate ma ce l’avevo sulla punta della lingua da quando mi sono imbattuto in certi pollai, veniamo all’analisi di ‘Nel nome del padre”. Credetemi, ho divorato il romanzo. Scritto bene. Una storia avvincente sebbene scorretta, immorale e specchio di una realtà che in molti preferiscono nascondere sotto al tappeto, preferendo le apparenze alla sostanza. Il fatto che Luca abbia sedici anni, quasi diciassette,  in tutto questo risulta essere la cosa più futile. C’è altro su cui soffermarsi e, in caso, storcere il naso. C’è un “mondo ecclesiastico” ipocrita e scorretto, fatto di sesso e perversione dietro una facciata morigerata. C’è una madre dedita all’alcool che costringe un figlio a crescere più in fretta del dovuto e ad adempiere a quel ruolo che lei non è in grado di svolgere. C’è un ragazzo solo costretto a vendersi a padri di famiglia per non far morire di fame né lui né la sorella. C’è una famiglia che, per desiderio personale, indottrina i figli al fine di realizzare il loro sogno di avere un prete in famiglia.
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C’è, però, anche l’amore, immorale se volete, il sentimento, il senso di dovere. C’è anche un’ottica religiosa affrontata con la lucidità con cui si dovrebbe osservare, dove un prete è un uomo e certi dogmi, imposti nei secoli addietro, risultano incomprensibili e limitativi come quelli imposti alla società.

Dicevamo che ‘Nel nome del padre’ è un romanzo erotico e lo è per davvero. Per Il mondo espanso dei romanzi gay ne ho letti diversi, ma in pochi hanno saputo meritarsi di appartenere al genere. Il libro di Edoardo B. è uno di questi pochi. Riesce a mantenere l’eccitazione per tutta la lettura, un formicolio testicolare accompagnato da un impulso sessuale che o lo soddisfi o lo soddisfi.
Insomma, ‘Nel nome del padre’ è un romanzo che non può mancare nella libreria di tutti gli amanti della letteratura omoerotica, ma in genere della cosiddetta letteratura omosessuale. Tutti gli altri lascino perdere.
DOMANI NON PERDETE L’INTERVISTA ESCLUSIVA A EDOARDO B.
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