“Nascosti dal mondo” - Il dramma dei triangoli rosa nei campi di concentramento nel romanzo di J.W Kilhey
A cura di Lilia Stecchi
Grafica di Giovanni Trapani
Sono vari giorni che apro la
pagina per lasciarvi le mie impressioni su questo romanzo, ma poi, dopo che sentimenti
e pensieri che premono per voler uscire, richiudo il file senza aver scritto
niente, e non perché non ne ho amato ogni singola parola, anzi. È proprio
perché mi ha lasciato talmente tanto che tornarci con il cuore e la testa è
straziante, le emozioni mi travolgono e un senso di inadeguatezza mi assale.
Come si fa a parlare, con quel fare spensierato che contraddistingue la maggior
parte dei romance, di avvenimenti storici che per la loro bassezza, per la loro
disumanità, per la loro sconsiderata follia, hanno sconvolto l'intera umanità?
Difficile. Talmente difficile che ogni cosa a confronto può diventare una
banalità.
Il romanzo a cui mi riferisco
è “Nascosti dal mondo” di J.W. Kilhey (tradotto
da Barbara Cinelli, Casa Editrice Triskell Rainbow –
prezzo 5,99 Euro). Un libro che affronta il dramma, troppo spesso
ignorato, dei triangoli rosa nei campi di concentramento e da chi, vincitore o
vinto, salvatore o vittima, deve affrontare un disturbo post traumatico che,
come un infinito pozzo nero, non lascia intravvedere nessuna via di uscita.
Franklin D. Roosevelt ha detto:
“Nessun uomo e nessuna forza possono abolire la memoria.”
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John Oakes e Kurt Fournier sono
la prova vivente della verità dietro quelle parole. Sin dai tempi degli orrori
della Seconda Guerra Mondiale, John e Kurt hanno arrancato per portare avanti
le loro esistenze, sanguinando da ferite che non sono mai guarite. Ora si
ritrovano nel 1950: la guerra può essere finita, ma la battaglia per trovare la
pace è appena iniziata.
John, dottorando alla UC Berkeley
e veterano, fluttua attraverso la vita del dopoguerra fino a quando coglie il
misterioso Kurt a suonare di nascosto un pianoforte all’università. John pensa
di poter trovare un po’ di conforto in compagnia di Kurt ma non sa come creare
una connessione con quell’uomo che vive una vita di prudente solitudine. Senso
di colpa e rammarico minacciano di invalidare le loro speranze di avere una vita
normale. Nessun uomo è un’isola, quindi John e Kurt devono mettere a rischio il
loro cuore per trovare la felicità. Sfortunatamente, i ricordi e le paure
possono paralizzare anche la persona più forte.
La storia è narrata come
su due storie parallele, una “contemporanea” nel 1951 e una con dei ricordi dal
1941 al 1945, con capitoli alternati dal punto di vista dei due protagonisti.
All'inizio siamo a Barkley in California nel 1951 e John Oakes è uno dei reduci
dell'esercito americano che ha combattuto in Europa durante il Conflitto
Mondiale. È tormentato da devastanti incubi e flashback che lo riportano in
continuazione ai momenti tragici che ha vissuto sul continente europeo,
soprattutto ancora lo sconvolgono le immagini del campo di Dachau. L'orrore che
ha visto tra i prigionieri ha dell'inimmaginabile, e quello che ha fatto per
l'odio e la vendetta verso i soldati tedeschi ora lo attanagliano con sensi di
colpa che non gli danno tregua.
Le cose sembrano
precipitare ancora di più quando all'università, che frequenta come dottorando,
incontra un inserviente che in una sala sta suonando il piano. John si sente
attirato e via via sempre più ossessionato da quel giovane affascinante,
elegante nei modi, ma solitario e taciturno. Riesce a conoscere Kurt Fournier/Klain,
grazie all'aiuto del professore Jules Fournier, e mentre John si sente sempre
più attratto da Kurt questi sembra sempre sfuggirgli, ogni passo in avanti che
John fa per poterlo avvicinare e conoscere Kurt ne fa tre indietro, mettendo un
muro tra di loro. Ma Kurt ha paura, sa che niente è cambiato da quando era in
Austria ospite degli zii, sa che tutto potrebbe ripetersi per quelli come loro,
e con la mente ritorna al passato, quando in pochi anni ha vissuto il periodo
più bello che terribile della sua vita insieme a Peter.
Conosciamo così Kurt, nei
capitoli narrati a partire dal 1941, la sua vita e la sua condizione di tedesco
e omosessuale, rinchiuso con il suo primo e grande amore in un campo di
concentramento. La sofferenza, la denutrizione, i lavori disumani e le ore in
piedi per l'appello portavano molti alla morte, ma gli omosessuali dovevano
subire ben altro. Violenze fisiche da parte dei soldati e degli altri
prigionieri, punizioni dure e ingiustificate, esperimenti medici o addirittura
la castrazione, alcuni venivano costretti ad avere rapporti con le donne per
cercare di modificare le loro preferenze sessuali. Ognuno nel campo si sentiva
autorizzato a trattare i prigionieri con il triangolo rosa nel peggior modo
possibile, e Kurt e Peter hanno provato sulla loro pelle le cose più terribili
che una mente sana possa immaginare.
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Adesso anche in ebook qui |
Dire che ho pianto durante
la lettura di questo libro è un eufemismo. Ho pianto per la sua storia dura e
triste. Ho pianto nel vedere dove può arrivare la crudeltà umana. Ho pianto
quanto John si rende conto che Kurt è sì un tedesco, ma non per questo è un
nazista. Ho versato lacrime al lento avvicinarsi dei due, dove Kurt concede a
John cose che non aveva permesso a nessun altro dopo Peter. C'è un momento però
che mi ha sconvolto facendomi quasi soffocare nei singhiozzi e che, a distanza
di giorni, se ci torno con il pensiero mi fa ancora riempire gli occhi di
lacrime. Perché quel momento è tragico, perché quell'attimo è straziante,
perché non ti capaciti a cosa si può arrivare per amore, ma è proprio in quel
momento che si rivela il forte sentimento, puro e totalizzante, che Kurt ha per
il suo amato Peter.
Non è una lettura facile,
visti gli argomenti trattati, e spesso si fa fatica ad andare avanti dovendo staccare da tutto quel dolore, ma J.W. Kilhey ha scritto una storia fantastica.
Questa volta non mi sento di incoraggiare alla lettura, anche se è un libro che andrebbe
assolutamente letto, perché capisco che la sensibilità è diversa per ognuno di
noi e non tutti riescono a sopportare tante cose che cadono spesso nel
disumano. Io vi posso dire solo che ho amato profondamente ogni parola di
questo romanzo, che essa sia stata bella o brutta, terrificante o coinvolgente,
appassionata o nauseante, ma che allo stesso tempo mi ha trasportato a uno dei
periodi più vergognosi della storia umana.
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