“Il libro finito è sempre un prodotto di ‘squadra’.”- Intervista allo scrittore Calogero Pirrera

A cura di Lilia Stecchi
Intervista di Francesco Sansone
Grafica di Giovanni Trapani
Qualche settimana fa, Il mondo espanso dei romanzi gay vi aveva parlato del romanzo 'Nel dubbio l'ombra' di Calogero Pirrera, oggi vi proponiamo l'intervista che lo scrittore siciliano, che da qualche anno vive a Roma, ha rilasciato a Francesco Sansone.

Calogero, ‘Nel dubbio l’ombra’ è il tuo primo romanzo, il protagonista è Valerio, che dopo la morte del suo mentore, lo scrittore Fabio Tong, decide di ripercorrere la sua vita per ricostruirne un quadro dettagliato, anche se, alla fine, questo percorso è per lui un modo per ritrovare se stesso. Il senso di inadeguatezza che vive Valerio è qualcosa che in molti vivono nella società odierna. Secondo te, questa sensazione da cosa è generata?
Credo che in ogni società di ogni epoca storica ci sia una particolare sensazione di inadeguatezza, così forse anche per ogni diversa fase della nostra vita. Ogni epoca poi arricchisce e genera il proprio senso profondo in base ai motivi più significativi che la caratterizzano. La società moderna, oltre all’inadeguatezza, ha provocato diverse crisi della coscienza, malesseri ai quali qui si può solo accennare. Il senso di inadeguatezza che tocca Valerio riguarda dei valori universali, come la malinconia e il suo modo di sentire. Non riguarda la sua sessualità, che ha sempre accettato con serenità e quasi con orgoglio, ma un conto in sospeso con il passato che pagherà a tempo debito. Di lui scrivo: «Poi, nella pubertà, il suo vero carattere era venuto fuori, mostrando tutte quelle sfumature e insicurezze tipiche del malinconico, sempre pronto a rifugiarsi nella lettura di Tasso, Leopardi o Pavese, nei loro lucidi stordimenti emotivi ed esistenziali, nei passi languidi di poemi su amori irrazionali che si allontanavano o avvicinavano troppo, fino a scottarsi, scivolando in innumerevoli imbuti di lacrime fino all’esasperazione sentimentale».
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Valerio arriva a fare pace con se stesso quando rincontra il fratello Mattia che gli dà alcune risposte di cui aveva bisogno. Pertanto ti chiedo, per essere felici basta sapere solo una parte di ciò che vogliamo, o questo è solo un modo che permette di non soccombere al senso di vuoto che devasta dentro?
L’incontro con Mattia gli chiarirà alcuni particolari della propria vita che non conosceva, ma questo incontro non sarà capace di cancellare ogni dubbio e alcune idee sul perché la sua vita un giorno prese una particolare piega. Quello che sa adesso però se lo fa bastare, poiché aprire un nuovo baratro di insicurezza lo riporterebbe nuovamente sui propri passi, sulla vita insoddisfacente che conduceva. Questo è quello che ha fatto Valerio, io forse nel suo caso avrei agito diversamente, ma in ogni caso ci sono misure e pesi diversi. È vero, non c’è cosa più illuminante della verità, ma siamo davvero sicuri che è necessario sapere sempre tutto? A decidere è sempre l’indole di ognuno, c’è chi sa come si dimentica e chi non è felice se non arriva fino all’ultimo strato delle cose. Se ci fosse una regola però saremmo già tutti annoiati.

Come dicevamo, il romanzo affronta anche il tema della soddisfazione sessuale attraverso la sottomissione, un appagamento che in molti praticano, ma che non tutti hanno il coraggio di confessare agli altri. Tong, in qualche modo, lo tiene segreto. Perché quando si parla di sessualità si ha sempre qualche reticenza?
Lo scrittore Tong riesce a perdere questa reticenza a un certo punto della sua vita, quando non avrebbe avuto più nessun problema a far sapere a chiunque, tramite un romanzo, cosa delle sue scelte sessuali aveva nascosto fino a quel momento… Ma forse più che nascondersi dagli altri, non aveva ancora maturato l’idea di avere tutto il diritto di chiedere al destino la soddisfazione del proprio desiderio, senza pesi sulla coscienza. E stiamo naturalmente parlando di fatti che non prevedono una “vera” prevaricazione su qualcuno, ma di pratiche con approccio chiaramente consenziente. Sottolineo questo perché si fa ancora confusione tra alcuni aspetti della cultura e delle manifestazioni della sessualità con le patologie legate alla sessualità stessa. Ognuno ha il diritto di dire e far sapere quello che ritiene necessario della propria esistenza e in questo caso della propria vita sessuale. Il fatto che poi ci siamo alcune culture, come la nostra, ancora spesso ricca di pregiudizi verso pratiche sessuali non comuni, o più semplicemente poco note, è un’altra questione. Posso capire i pregiudizi di carattere estetico verso certe manifestazioni, ma morali no. Quello che mi auguro è che sempre più espressioni prendano piede in Italia (e non mi riferisco esclusivamente a quelle di carattere ludico-sessuale), rendendo ancora più plurale e contaminata la nostra cultura e il nostro modo di pensare.

Hai scelto di ambientare la storia a Roma. C’è un motivo in particolare per questa scelta oppure si è trattata di una scelta casuale?
Vivo a Roma da più di dieci anni e quando si sono materializzate nella mia mente alcune dinamiche della storia del romanzo (quando ancora ne elaboravo l’intreccio), automaticamente le “adattavo” alla città, o meglio, a quelle zone della città a me note. Strade, vie, palazzi, teatri, chiese, che ho frequentato.
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Hai pubblicato in maniera autonoma. Scelta tua, oppure non hai trovato una casa editrice che volesse puntare sul contenuto del tuo romanzo?
Pubblicare un romanzo in Italia con una casa editrice che possa poi promuoverlo e distribuirlo a livello nazionale, soprattutto se sei un emerito esordiente, non è oggi una cosa facile. Sappiamo quanto poco leggano gli italiani e quanto di conseguenza le operazioni editoriali siano necessariamente a rischio minimo. Questa è una delle cause che rendevano il mio romanzo non pubblicabile secondo le risposte delle case editrici (una selezione ragionata) a cui ho proposto “Nel dubbio l’ombra”. Così ho deciso che l’avrei pubblicato con ilmiolibro.it. Oltre al lavoro di scrittura, il self publishing comporta anche un impegno nella produzione del libro stesso, che va da un buon lavoro di editing alla realizzazione della parte grafica, e quindi alla necessaria collaborazione di diverse professionalità. Il libro finito è sempre un prodotto di “squadra”.

Per concludere, sei anche uno storico dell’arte e quindi voglio chiederti: quanto, questo, ha influito sulla stesura del romanzo?
Scrivo da anni, occupandomi d’arte, e la mia scrittura è maturata indubbiamente nell’ambito della mia formazione. Nel mio romanzo l’arte (e molte delle sue sfumature) fanno parte della storia. I protagonisti sono scrittori, musicisti, cantanti e il ricorso ad opere d’arte è abbastanza diffuso, è una presenza dichiarata nelle trame della storia. Una sfida che mi sono posto è quella di scrivere qualcosa dove l’arte abbia un ruolo marginale, se non inesistente. Chissà se ci riuscirò…