Week end monotematico: Francesca Masante - L'intervista esclusiva

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   Con l'intervista esclusiva a Francesca Masante, si conclude anche questo week end monotematico. Quella che segue è un'intervista davvero interessante che affronterà diversi temi e diversi aspetti della società odierna che Sul lato oscuro della luna ha permesso di trattare. Parlando di omosessualità, genitorialità, religione e molto altro ancora,  ho scoperto in Francesca Masante una scrittrice attenta e una donna di spessore che sono contento di dar modo anche a voi diconoscere.
A sabato prossimo.


Le interviste
  Francesca Masante
   Esclusiva
Nella foto: Francesca Masante


Giulio è quello che potrebbe essere definito un ragazzo difficile: avverte un vuoto dentro dato dalla mancanza d’affetto dei genitori, la solitudine fa da padrone nella sua vita e non sa cosa fare della sua vita. Eppure ha tanto amore da dare e avverte la necessità di riceverne. Come nasce questo personaggio e tutta la sua storia?
Il personaggio di Giulio ha una genesi abbastanza lunga e complessa e inizialmente del tutto slegata dalla forma definitiva che poi avrebbe assunto nel romanzo. Avevo scritto a sedici anni un frammento di romanzo corale, con più protagonisti che interagivano tra loro attraverso lettere e pagine di diario. Uno di loro era un ragazzo con caratteristiche molto simili a quelle di Giulio e che nel corso della storia si rivelava omosessuale. Il tutto era rimasto poi incompleto, allo stato di abbozzo.
Durante la preparazione della mia tesi di laurea, molti anni dopo, avevo fatto vedere questo frammento al mio relatore che era Marziano Guglielminetti e a uno dei miei controrelatori, Angelo Morino. Angelo Morino curava allora per Sellerio una collana di scritti spirituali e io mi stavo laureando con una tesi su una mistica italiana, Veronica Giuliani. Era però anche un romanziere, autore di “In viaggio con Junior” e di “Rosso Taranta”, due romanzi autobiografici a tematica omoerotica. Entrambi mi suggerirono di sviluppare il personaggio di Giulio, che trovavano suggestivo e di approfondirne vicende e carattere. Consiglio che ho poi seguito anche se a distanza di anni.


Durate la narrazione, Giulio si rende conto di essere omosessuale e questo lo spingerà a sperimentare la sua sessualità, soprattutto quando si innamorerà di Chris. Parto col che dire che trovo il tuo lavoro un libro di formazione e quindi ti chiedo: come ti sei documentata su questo aspetto del tuo protagonista?
Nel romanzo di formazione classico l’autore si propone di trasmettere un messaggio pedagogico e moralistico. In questo senso, ovviamente, “Sul lato oscuro della luna” è un romanzo di formazione sui generis. Non volevo inserire alcuna morale al termine del percorso interiore che Giulio intraprende per conoscere se stesso. Intanto, perché cercare un senso morale è nella maggior parte dei casi uno sforzo inutile, banale e aleatorio. E soprattutto perché la morale, in quanto prassi etica, è quanto di più estraneo ci possa essere rispetto alla concretezza della vita e alle sfide che essa pone continuamente. In Giulio, che è un adolescente complicato, si sommano aspetti negativi e positivi. Ma spero emerga su tutto la sua ansia di verità e il suo desiderio di sperimentare con coraggio i vari aspetti della sua personalità e della sua sessualità, man mano che emergono, nel corso della narrazione. Attraverso l’amore di Giulio per Chris mi interessava indagare la genesi e i meccanismi del desiderio. L’avevo già fatto nel mio precedente romanzo “Altrove”, dove però l’amore, difficile e tormentato, era quello di un uomo per una donna. Qui il desiderio nasce e si sviluppa tra due ragazzi omosessuali: ma lo struggimento, la tenerezza, i dubbi e le paure sono gli stessi. Nell’innamoramento le dinamiche del desiderio non cambiano; qualsiasi gesto o parola, palpito carnale o fantasia, non elude mai la possibilità e il rischio, supremamente umani, della felicità.

Il tuo romanzo affronta diversi argomenti: l’omosessualità, di cui abbiamo già parlato, la crudeltà sugli animali, il volontariato e anche la religione. Quanto è stato difficile far conciliare tutti questi argomenti fra loro?
Sono tutte tematiche che sento molto vicine alla mia vita e al mio pensiero. Vivo circondata da cani e da gatti, raccolti in vari canili o per strada, e ho molti amici e amiche che condividono le mie idee e sono volontari in canili o addirittura guardie zoofile. Per cui, in un certo senso, la lotta contro i maltrattamenti, la vivisezione o i combattimenti clandestini come quelli a cui è costretto Tai, il pitbull protagonista del romanzo, io li vivo in prima persona. Parte dei proventi della vendita del libro sono stati devoluti a canili della cintura di Torino e sono molto orgogliosa di questa iniziativa.
Conciliare tematiche così eterogenee tra loro è stata forse la cosa più stimolante nel processo di composizione del romanzo e una delle sfide che ho affrontato con maggior soddisfazione.

Soffermiamoci sulla religione. Tu hai speso buona parte dei tuoi studi sui temi teleologici e in questo romanzo la tua formazione viene fuori soprattutto nella  seconda parte che si concentra sulle ultime ore di vita di papa Giovanni Paolo II. Tuttavia anche nella prima i riferimenti alla chiesa non mancano e ne mostri tutte le contraddizioni. Ora, ti voglio chiedere: come vedi l’atteggiamento di chiusura della chiesa nei confronti dell’omosessualità?
Questa è una domanda davvero difficile e complessa e non si può esaurire in poche parole. Il magistero della chiesa in tema di omosessualità è molto chiaro. Vorrei fare però una precisazione: tu parli di chiusura verso l’omosessualità. In realtà la distinzione è più sottile. Non c’è chiusura nei confronti della persona che si dichiara omosessuale ma solo verso chi sceglie di vivere concretamente la propria omosessualità. Per cui l’omosessuale casto dovrebbe essere accolto a braccia aperte dalla chiesa. Questa è la situazione di fatto e non cambierà nell’immediato. Sarebbe irrealistico sperarlo. Dovrà accadere prima o poi perché la chiesa dovrà necessariamente venire incontro alle istanze della modernità, se vuole sperare di sopravvivere. E questa questione, per inciso, non riguarda solo gli omosessuali ma chiunque abbia una vita affettiva e sessuale, al di fuori del matrimonio.
Io, personalmente, credo che chiedere  a qualcuno, che non è chiamato a farlo, di vivere perpetuamente in castità e solitudine sia una forma di violenza. Essere omosessuali non è una tara né un peccato. Il peccato è per definizione la libera scelta di compiere il male: e chi è omosessuale non sceglie di esserlo più di quanto scelga la propria statura o la propria fisionomia. E qui vorrei riallacciarmi a quanto sostenevo prima sul rifiuto della morale come prassi etica. Bonhoeffer, nella sua Etica,  sosteneva che il peccato originale consiste nella presunzione da parte dell’ uomo di discernere tra bene e male, una prerogativa che è di Dio soltanto.  C’è sempre un’istanza ulteriore che sovrasta qualsiasi disposizione, monito o anatema, in ordine alla morale. D’altronde, il Vangelo è una raccolta di parole di Cristo e di episodi della sua vita che scalzano alla base un certo tipo di etica. (Gesù non amava troppo i benpensanti e i bigotti del suo tempo: cosa che i benpensanti e i bigotti di oggi tendono sempre a scordarsi ). Nella prospettiva evangelica, l’esigenza della salvezza è  più forte e radicale di quella della moralità. Se si dimentica questo si potrebbe correre il rischio di non vedere più l'abisso che separa la misura del cuore di Dio da quella del cuore degli uomini.
In questo senso, mi sembra che ci sia una contrapposizione molto chiara nel romanzo tra  la fede, superficiale ed esibita, di Fabio e il sentimento di Dio che sperimenta Giulio, nei giorni dell’agonia di Giovanni Paolo II, nelle sue due notti all’addiaccio in piazza San Pietro. Giulio, che si definisce non credente ma non ha paura di esprimere la dimensione del dubbio, vive l’esperienza della tenerezza di Dio nella propria carne. Un’esperienza emotivamente forte  che non si risolve in un’improbabile conversione, ma piuttosto in consapevolezza e accettazione di sé e della propria complessa e contraddittoria umanità.

Il rapporto fra genitori e figli è un altro argomento che viene fuori dalle pagine del tuo libro. Oggi si parla tanto di difendere la famiglia tradizionale pur di negare la possibilità alle coppie gay di sposarsi e di adottare figli, ma secondo te un bravo genitore quali caratteristiche dovrebbe avere per esser definito tale?
Ci sono tantissime caratteristiche che un bravo genitore dovrebbe avere, ciascuna collegata a un periodo della vita del proprio figlio. Ma se si parla di adolescenza, come nel romanzo, due sono fondamentali: l’umiltà e il rispetto. Umiltà perché non si può presumere di imporre il proprio modo di pensare e la propria visione della vita a un figlio. Rispetto perché è sempre necessario ricordare che un figlio è prima di tutto un altro essere umano, con il suo modo di pensare e il suo personalissimo mondo interiore, diversi da quelli di chiunque altro.
La difesa a oltranza della famiglia tradizionale è oggi un altro campo minato. Mi è capitato di leggere articoli o editoriali  con considerazioni allarmistiche sul fatto che concedere dei diritti a una minoranza significhi trasformare tali diritti in "regole" per tutti.  Io penso che si faccia, a volte intenzionalmente, una gran confusione su tutto. Concedere a una minoranza dei propri concittadini di esercitare dei diritti non significa che questi diritti debbano diventare "la regola" per tutti. Significa semplicemente ratificare a norma di legge una situazione già esistente di fatto. Tutto qui. Non si richiede a nessuno di modificare il proprio pensiero o il proprio stile di vita ma solo di concedere pari dignità a chi pensa e vive diversamente. 

Sul lato oscuro della luna è il tuo terzo libro e questo mi spinge a chiederti: che ruolo ha avuto la scrittura nella tua vita?
Come hai potuto capire dalla risposta che ti ho dato sulla genesi e sulla composizione del personaggio di Giulio, io ho più o meno sempre scritto. Fin da bambina amavo leggere e scrivere, più per me stessa che per gli altri. Poi durante gli anni dell’università, in cui mi occupavo prevalentemente di ricerca e di compilazioni scientifiche, ho un po’ abbandonato la scrittura creativa. Ho ripreso a scrivere con passione dopo la nascita dei miei bambini, come se ci fosse stata una connessione tra i due diversi atti del creare. “Altrove”, il mio primo romanzo pubblicato, è  stato scritto, in pochi mesi, tra un cambio di pannolini e l’altro e innumerevoli minestrine da preparare.

C’è stato un romanzo che narrava la storia d’amore fra due uomini che ti è entrato dentro? Se sì, quale e perché?
Amo moltissimo la scrittura di Tondelli, Altri libertini e Pao Pao più che Camere Separate. Ho letto ancora adolescente Leavitt,  e più  tardi  Edmund White, Isherwood, Dale Peck. Ma il libro che ricordo con più emozione e con maggior tenerezza è un testo che non so neppure se ristampino più: “Le amicizie particolari” di Roger Peyrefitte, un autore non da poco, dato che era anche accademico di Francia.  L’ho letto a dodici o tredici anni, sottraendolo alla biblioteca di mio nonno,  non di nascosto, mi piaceva il titolo ma non conoscevo assolutamente l’argomento. Le vicende di quei collegiali francesi che avevano più o meno la mia età e che erano così coraggiosi e appassionati mi entrarono davvero dentro. Lo lessi d’un fiato e non lo scordai mai più. Naturalmente i miei rimasero abbastanza turbati quando scoprirono cosa leggevo, ma erano persone intelligenti e fecero finta di niente. Se la presero con i nonni e non con me!

Per concludere, che consiglio daresti a coloro che voglio intraprendere il percorso di scrittore?
Innanzitutto di leggere. Moltissimo, e con piacere. Ogni libro è un viaggio e una scoperta. Poi di non prendersi troppo sul serio. E di correggere, correggere e ricorreggere fino alla nausea il proprio testo prima di sottoporlo a una casa editrice. 
Intervista: Francesco Sansone