Le interviste - Samuele D. Esclusiva

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Le Interviste
  Samuele D.
   Esclusiva

Si conclude questo lungo week end monotematico dedicato alla scrittura erotica di Samuele D. Dopo avervi presentato i suoi due romanzi, Ho sete di te e Nero Chic, oggi avrete modo di capire meglio cosa si cela dietro le sue opere e soprattutto potrete conoscere meglio questo nuovo scrittore.








Nella foto: Parte della copertina di Nero Chic


Samuele sei autore di due romanzi brevi omoerotici. Cosa ti ha spinto ad affrontare questo genere letterario?

Indubbiamente il successo che la letteratura erotica sta avendo negli ultimi tempi. Da parte mia, non essendo un romantico, ho accantonato subito l'idea di cimentarmi nel romance e ho voluto provare piuttosto con la narrativa gaia "forte". Il rischio di (s)cadere nel pornografico è alto, ma ho fatto del mio meglio per scongiurarlo creando un contesto narrativo di contorno e cucendo addosso ai protagonisti un "vissuto", una storyline, che li rendesse credibili e più autentici.

Come molti tuoi colleghi che si dedicano a questa tipologia di scrittura, anche tu hai scelto uno pseudonimo. Perché è così difficile firmare i propri lavori con il proprio nome? Quali “rischi” può incontrare uno scrittore omoerotico?
La risposta è quasi scontata: l'omofobia, il marchio a fuoco, lo scherno. Non voglio passare per ipocrita, sono il primo ad ammettere che mi nascondo dietro un alias per tutelare me stesso e per proteggere la mia famiglia. Non è vigliaccheria, è una scelta ponderata per risparmiare dispiaceri e sofferenze a chi mi sta vicino. 

Il tuo primo romanzo dal titolo Ho sete di te racconta la storia di Samuele, un ragazzo che ha una forte dipendenza dal sesso orale. Ora, dato che il nome del protagonista è uguale al tuo, non posso non farti la seguente domanda: Si tratta di un’opera biografica?
No, è una semplice omonimia, anzi, diciamo che mi sono talmente affezionato al protagonista che ho poi voluto "scroccargli" il nome per usarlo come pseudonimo. Di autobiografico c'è solo un 10% in "Ho sete di te", il resto è pura fantasia, pur sempre ancorata alla realtà e alla quotidianità per rendere la storia attuale.

Nero Chic, il tuo secondo lavoro, segue le avventure di Diop, un ragazzo senegalese che, dopo il suo arrivo in Italia, sceglie di diventare un escort. Come nasce il romanzo?
Lessi la notizia di un ragazzo inglese che al check - in  all'aeroporto veniva puntualmente fermato per un pacco sospetto in mezzo alle gambe. In realtà non aveva un corpo estraneo nascosto là sotto, ma una superdotazione che suo malgrado lo ha fatto diventare famoso. Mi è venuta l'idea di traslare questo aneddoto su un ragazzone di colore superdotato,ma ho voluto deviare dal cliché troppo banale dell'industria del porno. A quel punto è nata la storyline del gigolò per soli uomini, con tutte le vicissitudini che questo lavoro comporterà per Diop.

Facendo un paragone fra i protagonisti delle tue opere si nota una diversità nel vivere l’amore; mentre Samuele appaga il proprio piacere facendo solo del sesso orale, Diop ha bisogno del contatto, delle coccole, dell’amore. Quanto ti ci è voluto per costruire i due personaggi?
Costruire la psicologia dei protagonisti è sempre un percorso irto di ostacoli. Il rischio di ripetersi, di farne una brutta copia uno dell'altro, è sempre in agguato. Per questo ho voluto che Samuele e Diop fossero completamente diversi: Samuele non prova niente, la sua filosofia è "un mezzo per un fine", punto. Diop invece è combattuto: dentro di sé sa che quello che fa è moralmente sbagliato, ma il suo è un moto legittimo dell'anima per compensare il vuoto, la mancanza di affetti e la perdita dell'amore adolescenziale. La ricerca dell'approvazione e il solletico all'ego e all'autostima lo porteranno a vendere il proprio corpo, ma alla fine lo renderanno una persona arida.

Che ruolo ha avuto la lettura nella tua vita e quale è il libro a cui sei legato e perché? 
Leggere è fondamentale per chi vuol pensare anche solo lontanamente di fare lo scrittore. La lettura per me è stata sempre un compagno quotidiano, i libri hanno avuto la capacità di trasportarmi in un mondo parallelo in cui poter estraniarmi e "naufragare". Il gabbiano Johnathan Livingston è il primo libro che lessi quando ero poco più che un bambino. Ė un inno alla forza di volontà e alla perseveranza, e ne serberò sempre un ricordo speciale perché mi fu regalato da un amico che non c'è più.

Durante il periodo in cui prendevi coscienza della tua omosessualità, c'è stato un libro a tematica che ti ha aiutato? Se sì quale e perché?
Non ci crederai ma non ricordo né il titolo né l'autore. So solo che era un'edizione Mille Lire della Newton Compton, probabilmente un pamphlet erotico di qualche autore francese sconosciuto. Ricordo solo che sfogliandolo, incappai in una scena che si stava svolgendo in un fienile tra lo stalliere e il figlio del padrone. E ricordo bene il sorriso che mi aveva fatto brillare gli occhi e sollevato il diaframma di una spanna.
Quel libriccino mi ha fatto capire che dovevo accettare e abbracciare il cambiamento che stava avvenendo in me in quel periodo, che non dovevo averne paura perché se mi faceva sentire bene, non poteva essere sbagliato, e tanto meno contro natura.

Che consiglio daresti a chi volesse intraprendere il tuo cammino di scrittore?
Leggere tanto è una condizione imprescindibile. Provate la strada dell'autopubblicazione ma non rischiate al buio, fate prima leggere il testo ad amici, conoscenti, che non siano compiacenti. Darsi in pasto ai lettori veri senza aver curato la forma del testo ancor prima della sostanza, è un errore che può costare caro. Fatevi "attaccare" sui contenuti, sulla tecnica, ma non offrite il fianco ad attacchi sulla conoscenza basilare di lingua, grammatica e sintassi.

Intervista: Francesco Sansone