Le Interviste - Giuseppe Previtali Esclusiva

Prologo
Questa settimana naturalmente segna il ritorno anche de Il mondo espanso dei romanzi gay, il blog del fine settimana, che questa settimana vi propone una mia intervista esclusiva al giovanissimo scrittore Giuseppe Previtali, autore del libro Storia e cultura dell'omosessualità di cui vi ho parlato poco prima delle vacanze.
Prima di lasciarvi voglio ricordarvi l'appuntamento di domani dedicato ad un libro che forse non tutti conoscono, ma la cui storia è nota a tutti.
A domani e buon sabato
Francesco Sansone

L'intervista
   Esclusiva



Nella Foto Giuseppe Previtali

- Facendo un giro sul web, a parte il tuo blog, non ho trovato molte notizie su di te, pertanto ti faccio una domanda forse scontata, ma indispensabile per un giovane autore.: Chi è Giuseppe Previtali?
 La risposta potrebbe essere in realtà molto più complessa di quanto la domanda non sembrerebbe esigere. Dal punto di vista anagrafico: ho 19 anni e studio Lettere (indirizzo storico – filosofico) presso l’Università degli Studi di Bergamo. Lo scorso anno ho preso la maturità scientifica. Dal punto di vista artistico (o pseudo – artistico) il mio biglietto da visita è la scrittura in ogni sua forma (narrativa, saggistica, teatro etc.) ma sono anche un grande appassionato di arte contemporanea e di cinema

- Nel tuo libro “Storia e cultura dell'omosessualità” sì legge: “Un'analisi puntuale e precisa, attraverso la ricostruzione storica, dell'omosessualità e del suo significato: si comprende quanto l'isolamento e la discriminazione siano ancora presenti. Se nell'antichità l'omosessualità è considerata una tappa della crescita dell'individuo, nell'età moderna subisce la totale disapprovazione della Chiesa Cattolica. Tuttavia, le lotte e le conquiste delle varie associazioni hanno modificato e chiarito molti luoghi comuni, giovando di gran lunga alla cultura sull'omosessualità odierna.” Cosa ti ha spinto a scrivere un libro che affrontasse la ricostruzione storica di ciò che è stata nei secoli l’omosessualità?
 Sostanzialmente il fatto che mi sembrava un argomento di primaria importanza, ai giorni nostri. Mi spiego meglio: si parla tanto di “stato civile” ma credo che non si comprenda fino a fondo ciò che si sta dicendo quando si parla in questo modo. La ricostruzione storica da me attuata aveva lo scopo di mostrare come, nel caso di una materia ampia ma circoscritta come quella da me scelta, ci fosse tanto da dire e da discutere. Molto spesso si tende a far passare in sordina la questione dei diritti degli omosessuali (soprattutto in Italia) e, preso atto di ciò, mi sono chiesto quali fossero le ragioni profonde di questo disinteresse. Sono andato a scavare nella Storia e nella Religione per cercare di riesumare il racconto dimenticato dei generi discriminati.

- Suppongo che tu ti sia documentato abbondantemente per questo tuo progetto, pertanto mi chiedo, e ti chiedo, se c’è stata una scoperta, durante le tue ricerche, che, in qualche modo, ti ha stupito sia positivamente che negativamente.
 Sì, assolutamente. La cosa che mi ha stupito maggiormente è stato l’approfondimento che – per forza di cose – ho dovuto fare circa la cultura greca e nella fattispecie sul mito platonico contenuto nel Simposio in cui si da una specie di giustificazione dell’esistenza dell’omosessualità, in un certo senso giustificandola e/o legittimandola. Sono rimasto piacevolmente colpito dalla finezza e dall’intuito con cui Platone ha intessuto quella storia (dimostrando inoltre che i Greci erano, per i tempi, alquanto aperti mentalmente). La cosa più negativa in cui sono incappato è stato la “Lettera per la cura pastorale delle persone omosessuali” di cui ho riportato, nel libro, il testo integrale. Mi sembra un documento di disgustosa importanza per tutti coloro che vogliano comprendere come accade che, nel XXI secolo, si possa essere discriminati per i propri gusti sessuali.



- Dagli studi fatti pensi che gli sbagli del passato, che in qualche modo persistono ancora oggi, sono destinati a ripetersi in virtù di quel legame tutto italiano fra Stato e Chiesa, oppure credi che anche nel nostro paese l'atteggiamento nei confronti dell'omosessualità possa mutare, facendola così riconoscere come naturale alterità della sessualità umana meritevole di pari diritti dell'eterosessualità ?
 Il mio insegnante diceva sempre che “la storia non si fa con i se e con i ma”; ciò nonostante qualche congettura sul futuro del nostro Paese sento di poterla azzardare. Credo che l’Italia abbia delle buone possibilità che però vengono quasi sempre gettate al vento oppure si spengono prima ancora di poter risultare di una qualche utilità. La presenza della Chiesa Cattolica è effettivamente un problema per la crescita del Paese in materia di riconoscimento civile ma non credo che sia un buon motivo per rimanere nell’inerzia: ci sono moltissime realtà più o meno grandi come sfera d’influenza che svolgono delle attività egregie in questo senso e sono la dimostrazione che una speranza la si può sempre trovare.

- Tuttavia questo non è il tuo libro di debutto nell’editoria stampata, bensì è il secondo lavoro che dai alle stampe. Ci vuoi parlare del tuo precedente lavoro e di come hai deciso di pubblicarlo?
 Il mio primo lavoro è stato una sorta di esperimento, di esercizio di stile. Si tratta di una decina di racconti scritti durante il 2009 raccolti sotto il titolo di “Un’ ordinaria follia”. Non essendo sicuro del loro livello ho deciso di pubblicarli autonomamente senza ricorrere ad una casa editrice ma appoggiandomi al sito www.lulu.com che offre un ottimo servizio in questo senso. Il tema centrale dei racconti è costituito dalle storie dei protagonisti – modellati sulla base di persone realmente esistenti – che cercano sempre qualcosa, di materiale o esistenziale. L’altra costante è la fine che incontrano, giacché tutti inesorabilmente trovano la morte; non si tratta – ovviamente – di un augurio di morte che faccio ai miei conoscenti quanto più del tentativo di esorcizzarne l’allontanamento nell’atto di descriverlo.



- Cosa ha generato questa necessità (vogliamo chiamarla così?) di esorcizzare la morte alla tua età?
Questa è sicuramente la domanda più complessa a cui dovrei dare risposta. Diciamo quindi così: sin da quando ero piccolo ho sempre avuto il terrore di essere lasciato solo dalle persone che amo (dove per amare s’intende un sentimento d’affezione più generico di quanto non lo sia il sentimento amoroso propriamente detto) e – in particolar modo – dai miei amici. Il mio personalissimo criterio per riconoscere l’importanza di una persona (sia essa un amico/a o qualcosa di più) è il manifestarsi il me del pensiero che sarei anche disposto a dare la vita per quella persona (e non è una cosa che mi succede spesso). Inoltre quando una simile credenza si presenta in me non mi importa se questa è ricambiata, nel senso che il mio sentimento è sempre gratuito. Far morire i miei personaggi, però, è un po’ come pretendere di essere amato.



- Come accennavo poco prima, tu sei anche il curatore del blog Hard time  in cui parli un po’ di tutto come politica, tv, società. In che base scegli gli argomenti da trattare?
 Lo sviluppo degli argomenti che ho proposto corrisponde – in linea di massima – al mio sviluppo intellettuale. Gli articoli di politica (di cui ora non mi occupo quasi più) risalgono tutti all’epoca del mio ultimo anno di liceo e sono stati “causati” dagli accorati interventi del mio insegnante di Storia e Filosofia. Passato ad una formazione di carattere universitario improntata ad un approccio più originale verso la cultura sono passato ad articoli sull’identità di genere dove cerco di proporre delle mie teorie o intuizioni circa questa materia.

- Come nasce l’idea di aprire una finestra sul web, come un blog appunto, e confrontarti con chi legge in maniera così diretta?
 Mi è sempre piaciuto il fatto di confrontarmi con gli altri internauti e, per quanto questo possa essere pericoloso, lo trovo molto stimolante da un punto di vista intellettuale. Quando si ha qualcosa da scrivere, secondo me, è bene farlo. A maggior ragione su un blog, visto che si ha la possibilità (teorica è vero, ma quantomeno è un potenziale) di venire letti e commentati. Penso che per chi desidera diventare (o pretende di essere) culturalmente all’avanguardia il blog sia uno degli strumenti più adeguati.

- Che intendi dire con pericoloso?
 Intendo dire che, come tutte le forme di espressione, anche la scrittura su un blog come quella che io svolgo tende a mettere a nudo alcuni aspetti di chi le compie. Non è sempre facile convivere con questa realtà e neanche è facile convivere con gli altri. C’è sempre il rischio di non essere capiti e/o di essere giudicati.

- Che ruolo ha avuto la lettura nella tua vita e quale è il libro a cui sei più legato e perché?
 Fra me e la letteratura c’è sempre stato un rapporto di amore ed odio: ultimamente infatti mi affatica molto leggere e, paradossalmente, non mi appassiona (almeno per quanto riguarda la prosa). Preferisco di gran lunga leggere poesia o, in larga misura, saggistica di vario genere. Ciò non significa però che non abbia letto almeno alcuni libri, i cosiddetti classici, che penso ci si debba obbligare a leggere. Non mi è facile scegliere un solo libro a cui sono legato ma penso che quello che mi ha influenzato culturalmente di più sia stato “1984” di George Orwell perché leggendolo mi sono accorto di quanto fosse pertinente alla nostra realtà e, a lettura ultimata, mi si sono come aperti gli occhi (il che non è poco, per un libro…)

- Che cosa consiglieresti ad un giovane autore che vorrebbe pubblicare le proprie opere?
 Il consiglio che posso dare è questo: non aspettarsi nulla. Non vuole essere però un messaggio scoraggiante: credo che i giovani abbiano molto da dare in ogni campo dell’arte e del sapere ma che non ci siano, oggi come oggi, condizioni ottimali per farlo. Un altro consiglio che posso dare è di valutare bene che cosa proporre alle varie case editrici e soprattutto di prestare attenzione al tipo di contratto che viene proposto.