Week end monotematico: Anne Percin - L'intervista
E con l'intervista esclusiva a Anne Percin si conclude il week end monotematico dedicato all'autrice di Felicità Perduta.
Io vi do appuntamento a settimana prossima per un nuovo week end monotematico, ma anche questa volta vi rimando a mercoledì, nella sezione news e aggiornamenti, per scoprire il protagonista di settimana prossima.
Le Interviste
Anne Percin
Esclusiva
Nella foto: Anne Percin |
Felicità perduta racconta
la vita del giovane Pierre, ripercorrendo i punti salienti della sua esistenza.
Un romanzo che non lascia nulla al caso: dalla scrittura alla psicologia dei
personaggi. Come è nata l’idea della storia e quanto tempo ci è voluto per
completarla?
Conosco perfettamente Pierre, che
mi accompagna da molto tempo. L'ho inventato quando avevo 17 anni e andavo
ancora al liceo. Al posto di scrivere il mio diario, per due anni, ho scritto
il suo! Già allora volevo diventare scrittrice ma non sapevo come fare...
Quindici anni dopo, ho deciso di riprendere in mano il diario di Pierre, per
farlo diventare un romanzo (pubblicato nel 2006 con il titolo di Point de
coté, (Male al fianco). Si tratta del libro che anticipa Felicità
perduta, raccontando la prima parte della vita di Pierre). In seguito ho
scritto altri testi in cui Pierre è apparso, pur non essendo il protagonista.
Quando ho deciso di raccontare la storia della pittrice Rosa Bonheur, sono
andata alla ricerca di un personaggio a cui affidare le mie parole ed ecco che
Pierre è tornato. Ho sentito, a quel punto, il desiderio di raccontare il
seguito della sua storia, che aveva continuato a svilupparsi nella mia testa,
parallelamente a quella di Rosa Bonheur. Da quel momento tutto è diventato più
facile: è bastato far “tornare” Pierre, dare a lui la parola. Spesso, mentre
scrivevo il libro, mi sembrava di non lavorare; era talmente semplice, bastava
lasciar parlare Pierre. Ci ho messo quasi un anno a scrivere il romanzo. È
stata un'operazione piuttosto lunga, perché scrivevo per frammenti: documenti
su Rosa Bonheur, ricordi di Pierre... Poi ho dovuto mettere tutto in ordine.
Una della caratteristiche del libro che ho apprezzato è
il parallelismo che il protagonista fa con Rosa Bonheur, la pittrice
ottocentesca di cui cerca di realizzare una biografia. Perché hai scelto di far
convivere Pierre e questa donna che in vita non ha voluto sottostare ai ruoli
che la società imponeva alle persone?
La cosa più difficile è stata
trovare dei punti di contatto tra le due storie (quella di Rosa e quella di
Pierre). All'inizio il risultato mi pareva disomogeneo, poi, man mano, ho
scoperto dei lati di Rosa che rimandavano al personaggio di Pierre. Per
esempio, Rosa ha perso la madre a 11 anni e quel momento è stato il momento di
svolta della sua vita. Tutto è cominciato allora: il suo attaccamento al padre,
che era artista, il suo bisogno di disegnare, il rifiuto dei ruoli
convenzionali attribuiti alle donne del suo tempo, la sua ricerca di un amore
non carnale, eterno, materno... Era molto simile al modo in cui avevo
raccontato l'infanzia di Pierre, dopo la morte di suo fratello gemello in Point
de coté (Male al fianco). Più in generale, quello che mi colpisce in
questi personaggi è la libertà di pensiero, quella forza d'animo che dimostrano
nel seguire la propria strada, incuranti delle convenzioni, non per spirito di
provocazione (non amo molto lo scandalo), ma con modestia e ostinazione, senza
fare rumore.
Il libro presenta una
musicalità e uno stile davvero incantevole; alcune delle frasi da te usate
rimangono dentro e ti spingono a ponderarci su per giorni e giorni. Quando
lavoravi all’opera avevi chiaro della forza che le tue parole avrebbero avuto
sul lettore?
Intanto grazie per i complimenti.
Mi fanno piacere. Mentre scrivevo questo libro, mi sono spesso lasciata vincere
dalla mia inclinazione alle “frasi a effetto”, filosofiche, poetiche. La
poesia, la filosofia e la pittura sono i tre demoni che mi tentano sempre. Ma
nei miei romanzi, spesso, evito di scrivere in questo modo, per una questione
di ritmo... Questa volta avevo voglia di “prendermi il mio tempo”, dal momento
che non c'era una vera e propria trama da seguire. E poi, Pierre è uno studente
di filosofia, fuori corso, ama il romanticismo del XIX secolo e potevo
attribuirgli questo “stile”, senza tradirlo. Qualche volta, rileggendo il
libro, mi dicevo: “a chi interesserà questo romanzo?”, sembrano Le
meditazione poetiche di Alphonse de Lamartine o Le fantasticherie del
passeggiatore solitario di Jean-Jacques Rousseau! Mi sembrava così
anacronistico, così fuori moda! Poi mi sono resa conto che quello stile era
perfettamente adeguato ai miei propositi. Per fare l'elogio di persone
indipendenti, originali, che rifiutano le convenzioni sociali, servivano un
linguaggio e un ritmo non legati alle mode. Qualcosa di poetico.
Vivi in Francia, un Paese che
ha voluto riconoscere i diritti alle coppie omosessuali pur avendo una buona
parte della società contraria a questa decisione. Secondo te quanto è cambiato,
tralasciando la questione giuridica, il modo di essere omosessuali dagli anni
della Bonheur e quanto è variato l’atteggiamento degli eterosessuali verso le
persone LGBT?
Credo che la questione giuridica
sia molto importante. Passano secoli prima che la mentalità cambi! Affinché una
società sia più tollerante ed egualitaria ci devono essere leggi esemplari.
Credo che, con il tempo, la legge sul matrimonio gay farà cambiare parere a
molte persone in Francia. Permette alle coppie omosessuali di non essere
invisibili, fa parlare di loro, che se ne parli bene o male. Nel XIX secolo
l'omosessualità (grazie alla Rivoluzione) non era più reato, ma era comunque
vissuta di nascosto. E mi pare che ci fosse una grande differenza tra
omosessuali maschi e femmine. Rosa Bonheur ha beneficiato di una specie di
immunità, perché era famosa già prima che la sua vita privata divenisse di
dominio pubblico, ma anche perché l'omosessualità femminile godeva di una sorta
di benevolenza. Volontariamente si “chiudeva un occhio” (la società francese
aveva un gran talento nel “non vedere” alcune cose.”)
Nel tuo romanzo nomini molte
volte l’Italia. Che effetto ti fa sapere che il tuo lavoro è stato tradotto e
verrà letto anche in questo Paese?
Sono stata felicissima quando ho
saputo che il romanzo sarebbe stato tradotto in Italia! In effetti, parlo
spesso dell'Italia nel libro, un intero capitolo è dedicato all'evocazione dei
ricordi di un viaggio a Roma.... Ho subito il fascino dell'Italia sin da
bambina: sono stata a Venezia quando avevo sei anni e per me quella era la
città più bella mai vista. Tutti i “grandi” intorno a me mi davano
l'impressione di pensarla allo stesso modo; così per molto tempo ho creduto che
l'Italia fosse un luogo dove tutto era bello, misterioso e irreale, come il
paese delle fate nelle fiabe! Intorno ai 18 anni è stata Roma a farmi lo stesso
effetto. Prima di andarci ho voluto imparare un po' di italiano, da
autodidatta, attraverso le letture e i film di Fellini. Ho imparato a memoria
degli spezzoni di I Vitelloni, il mio film preferito, e di Giulietta
degli spiriti (certo frasi non proprio utilissime per una che doveva
imparare la lingua da usare nella vita di tutti i giorni...). Tutti i ricordi
dei miei viaggi in Italia hanno qualcosa di magico, commovente, prezioso. È
soprattutto Roma, dove sono stata tre volte, che mi attrae sempre, ma ho molte
cose da scoprire. Quando ho saputo che il mio libro sarebbe stato tradotto in
Italia, ho pensato “ecco, è il cerchio che si chiude”, quasi che la mia storia
fosse approdata nel suo luogo ideale.
Dicevamo che in Francia è stata
approvata una legge che permette anche alle coppie LGBT di sposarsi, mentre in
Italia si avanzano diverse scuse per evitare la questione e quando la si apre
lo si fa per screditarne l’importanza. Da donna che vive al di là delle Alpi,
come ti spieghi questa situazione?
La legge non è passata così facilmente in Francia, è stata una grande battaglia! Sono state avanzate proposte incredibili, scioccanti, ma in questo modo si sono ben chiarite le posizioni di tutti: dei partiti politici, ma anche quelle della gente comune, anche quelle dei parenti, degli amici, dei membri della famiglia di ciascuno di noi. Bisognava far uscire allo scoperto tutti quanti e il ministro della famiglia, una donna, ha avuto il coraggio di farlo. A mio parere, non è certo un caso che sia stata una donna nera (Christiane Taubira) a difendere la legge sul matrimonio gay, in modo così caparbio e con esito positivo. Difendendo i diritti delle coppie LGTB, difendeva TUTTI i diritti... Adesso è molto apprezzata dagli intellettuali francesi. Per il momento, però, questo è l'unico atto di cui questo governo socialista possa andare fiero. C'è stato il coraggio di mettere in primo piano una questione che era vissuta solo da un punto di vista “privato”. Ma l'uguaglianza dei diritti non è qualcosa di personale, di privato. Non sono omosessuale, non sono sposata. Ma trovo normale che gli omosessuali possano avere la possibilità di sposarsi: uguaglianza, tutto qui. Non è necessario essere di colore per essere antirazzisti, non è necessario essere donna per difendere il diritto all'aborto. Accettare che tutti abbiano gli stessi diritti è semplicemente il dovere di ogni cittadino della Repubblica. Tutto il resto non è altro che pregiudizio morale.
La legge non è passata così facilmente in Francia, è stata una grande battaglia! Sono state avanzate proposte incredibili, scioccanti, ma in questo modo si sono ben chiarite le posizioni di tutti: dei partiti politici, ma anche quelle della gente comune, anche quelle dei parenti, degli amici, dei membri della famiglia di ciascuno di noi. Bisognava far uscire allo scoperto tutti quanti e il ministro della famiglia, una donna, ha avuto il coraggio di farlo. A mio parere, non è certo un caso che sia stata una donna nera (Christiane Taubira) a difendere la legge sul matrimonio gay, in modo così caparbio e con esito positivo. Difendendo i diritti delle coppie LGTB, difendeva TUTTI i diritti... Adesso è molto apprezzata dagli intellettuali francesi. Per il momento, però, questo è l'unico atto di cui questo governo socialista possa andare fiero. C'è stato il coraggio di mettere in primo piano una questione che era vissuta solo da un punto di vista “privato”. Ma l'uguaglianza dei diritti non è qualcosa di personale, di privato. Non sono omosessuale, non sono sposata. Ma trovo normale che gli omosessuali possano avere la possibilità di sposarsi: uguaglianza, tutto qui. Non è necessario essere di colore per essere antirazzisti, non è necessario essere donna per difendere il diritto all'aborto. Accettare che tutti abbiano gli stessi diritti è semplicemente il dovere di ogni cittadino della Repubblica. Tutto il resto non è altro che pregiudizio morale.
Tornando al tuo Felicità perduta, la musica occupa
un ruolo non indifferente. Quante delle canzoni e dei cantanti amati da Pierre,
piacciono anche a te?
Mi piacciono tutte! Ma Pierre ha gusti personali. Per esempio anch'io amo cantanti come Mouloudji e la Piaf, ma non li ascolto spesso, come fa lui. È stato lui a suggerirmi le sue preferenze. Spesso i miei personaggi d'invenzione mi portano a interessarmi di alcuni stili musicali che prima non conoscevo. Provo a scegliere ciò che rispecchia la loro personalità. In generale, per entrare in un romanzo, ho comunque bisogno di una colonna sonora. Senza, non potrei scrivere.
Mi piacciono tutte! Ma Pierre ha gusti personali. Per esempio anch'io amo cantanti come Mouloudji e la Piaf, ma non li ascolto spesso, come fa lui. È stato lui a suggerirmi le sue preferenze. Spesso i miei personaggi d'invenzione mi portano a interessarmi di alcuni stili musicali che prima non conoscevo. Provo a scegliere ciò che rispecchia la loro personalità. In generale, per entrare in un romanzo, ho comunque bisogno di una colonna sonora. Senza, non potrei scrivere.
Per concludere, cosa speri resti al lettore del tuo
libro?
Mi piacerebbe che il libro fosse
proprio come musica, come una canzone che ti resta in testa. Semplice, ma
persistente, qualcosa che resiste all'oblio.
Intervista: Francesco Sansone
Traduzione: Lorenza Tonani
Foto Anne Percin: John Foley
Traduzione: Lorenza Tonani
Foto Anne Percin: John Foley
Complimenti Francesco per la lunga e interesantissima intervista! Complimenti anche a Lorenza Tonani per la traduzione.
RispondiEliminaAnne Percin, oltre che un'ottima scrittrice, mi sembra anche una persona che ha le idee molto chiare.
Marco
Grazie per i complimenti Marco. Per quanto riguarda Anne Prcin, la penso esattamente come te.
EliminaFrancesco