Week end monotematico: Damiano D. Ghiglino - L'intervista

Le interviste
  Damiano D. Ghiglino
Nessuna pietà per gli angeli borderline è un romanzo breve incentrato sulla vita di quattro ragazzi che fra loro non si conoscono, ma che il destino porta a incontrarsi in un lasso breve della loro esistenza. Come nasce l’idea del romanzo e quanto tempo hai impiegato a realizzarlo?
In questa opera ho voluto inserire, in breve spazio, numerose idee e spunti, pur con la necessità di lasciare al lettore il compito di individuarli e interpretarli secondo la propria chiave di lettura.
Il libro narra, protagonisti alcuni ragazzi tra i venti e i venticinque anni, storie di sesso "fatto male", non solamente senza affetto e senza conoscenza reciproca, ma anche senza passione e senza slancio. I personaggi qui diventano entità, esseri puramente fisici guidati nelle loro scelte da un'irrazionalità immotivata che li spinge da uno scenario all'altro sempre succubi della noia e dell'impotenza di fronte al destino.

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Un tema che mi è molto molto caro, è la fatidica scelta per un ragazzo gay, generalmente poco dopo l'adolescenza, tra l' "amore" (allora spesso ancora incomprensibile, ma visto come simbolo, emblema atto a perpetuare l'innocenza)  e quelle che nel volume chiamo "piccole stanze oscure", la latente tendenza alla promiscuità. Tuttavia come ci ricorderà Evan, uno dei personaggi principali: "Vent'anni è l'età migliore e purtroppo non tornerà più".
Un invito quindi ad accogliere questo flusso altamente irrazionale e canalizzarlo, se possibile: in ogni caso le età caratterizzate dall'impeto e dal tormento saranno sempre oggetto di nostalgia.
Per quanto riguarda la fase di scrittura, devo ammettere che è stato scritto di getto (che non significa affatto con disattenzione), ma le idee di fondo sono parte del frutto di una lunga elaborazione e ricerca, che qualche anno fa (a vent'anni appunto) mi portò a Berlino alla ricerca della mia identità, soprattutto sessuale. Si tratta quindi di un'opera schietta, cruda e poco costruita, che parla in faccia, che tende a destare l'attenzione e a sorprendere il lettore.

Il libro è diviso in due parti; nella prima incontriamo Davide, Evan e Elia che durante l’ultimo dell’anno lasciano le loro città italiane alla volta di Berlino. Tutti e tre scappano da qualcosa e tutti e tre cercano qualcosa. Ci spieghi qualcosa di più del loro disagio?
Davide ed Evan sono alla ricerca di un significato in una sessualità dirompente che spesso li conduce all'autolesionismo. Tuttavia percepiscono ugualmente il bisogno di dare sfogo a quell'impulso irrazionale che, in un vortice di incontri casuali e apparentemente senza scopo, li condurrà, in parte, a una maggiore consapevolezza di sé.
Per quanto riguarda Elia riscontriamo invece il problema contrario. Lo troviamo infatti afflitto da un blocco che non gli permette di vivere la propria sessualità: la rifugge in quanto associata alla violenza, alla volgarità, alle oscenità.
Tutti e tre cercano una risposta alle loro domande con coraggio, esponendosi in prima persona.
Tuttavia non userei la parola disagio. L'inquietudine e il tormento della continua ricerca non sono un disagio. Combattere non è un disagio. Arrendersi completamente all'apatia è il vero disagio.

Nella seconda parte conosciamo Cosimo, legato a Elia, e ritroviamo solo Evan. Ci spieghi questo cambio di rotta nella narrazione?
I personaggi per larga parte esteriormente superficiali che delineo e di cui racconto le vicissitudini, soprattutto sessuali come asserivo, costituiscono il pretesto, il mezzo per esprimere un messaggio più profondo, facilmente intuibile sotto le righe.

Tuttavia ritenevo che Davide, sicuramente il più frivolo e inconsistente tra i protagonisti del romanzo, a un certo punto non avesse più nulla da dire. Per questo motivo non è presente nella seconda parte, ritorna tuttavia a mettersi in gioco durante l'epilogo.

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Quello che mi ha colpito del tuo modo di scrivere è la dinamicità che è tipica della scrittura web: essenziale, diretta e strutturata in brevi capitoli. Partendo col dire che io apprezzo molto questo genere di scrittura, non credi che possa essere mal vista da chi è lontano da questa idea di scrittura?
Charles Bukowski nel suo celebre romanzo “Post Office” scrive sarcasticamente: “Comperai un quinto di whiskey e una confezione da sei di birra, poi mi sedetti e cominciai a scrivere. Avevo il dizionario sul tavolo. Ogni tanto giravo una pagina, cercavo un parolone incomprensibile e ci costruivo intorno una frase o un paragrafo. Scrissi quarantadue pagine.”
Oggi (fortunatamente) in molti scrivono, ma alcuni lo fanno solo per procacciarsi il consenso e l'ammirazione altrui, pertanto redigono pagine e pagine colme di inutili termini colti e forbiti e virtuosismi linguistici poco azzeccati, quando in realtà, sotto quelle costruzioni dall'accuratezza e dalla precisione impeccabili (ma solo e esclusivamente esteriormente), andando più in profondità, non si riscontrano vere e proprie idee, bensì il nulla assoluto.
Ogni tanto, in funzione del messaggio che si vuole trasmettere, si deve avere l'umiltà di abbassare il proprio registro linguistico, rendendolo semplice, essenziale e alla portata di tutti.

Durante la fase in cui prendevi coscienza della tua omosessualità, quali libri ti sono stati utili per non sentirti solo? E come credi possa aiutare un libro quando si ha bisogno di rispecchiarsi in realtà simili alla propria?
Prendendo coscienza della mia omosessualità, da adolescente, mi sono ritrovato a leggere anche romanzi che ancora oggi annovero tra i miei preferiti, ma che ciononostante non mi sono stati assolutamente utili nel percorso di accettazione. In opere, seppur giustamente blasonate nel mondo gay e non, come “Il ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde, l'omosessualità viene ampiamente dissimulata in accenni coraggiosi ma non lampanti, di conseguenza la si intuisce come un qualcosa di perseguibile, per la quale si può essere condannati, puniti (come effettivamente era, all'epoca).
A un adolescente che cerca di intraprendere un percorso di accettazione consiglio vivamente il “Simposio” di Platone, nonché tutti gli altri numerosi, affascinante e ricchi dialoghi platonici (Fedro, Critone, Fedone, Protagora, ecc) che possono contenere comunque spunti interessanti.
In Platone, ancora attualissimo sia per i contenuti che per lo stile, l'omosessualità viene affrontata come la cosa più naturale del mondo. Siamo a fronte di un'epoca, infatti, nella quale non vi era il bisogno di “giustificarla” poiché era già ampiamente accettata e condivisa dai più. Invero, come la maggior parte della gente ben sa (e a chi non lo sapesse consiglio di interessarsi), nella cultura ellenica di quei secoli l'eterosessualità era in forte minoranza. Invito viceversa a lasciar perdere e ad evitare poemi osannati, fardelli culturali colmi di moralismo cattolico imposti perlopiù agli studenti delle scuole superiori, come la Divina Commedia di Dante.

Intervista Francesco Sansone


Nella foto: Damiano D. Ghiglino

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