Le interviste: Diarionudo Esclusiva


 

Le interviste
Diarionudo
Esclusiva

Nella foto: Diarionudo
 


Mi fermo a guardare le luci è il tuo primo romanzo e racconta la storia di Francesco, un ragazzo di 20 anni, dal momento in cui prende coscienza della propria omosessualità. Come è nato il romanzo?
Ė stata un’esigenza personale. Dopo qualche anno che mi sono trasferito a Brescia per vivere con il mio compagno stavo pensando di andare da uno psichiatra per riuscire a capire alcuni aspetti del mio carattere che non mi facevano vivere bene e che non riuscivo ad inquadrare, ma avevo paura di stappare un vaso di Pandora senza sapere cosa ci avrei trovato dentro. Non ero in grado di affrontare una discussione, appena mi sentivo messo all’angolo mi chiudevo a riccio, smettevo di parlare e più tacevo e più diventavo iroso. Avevo paura di me e di quello che diventavo in queste situazioni, continuavo a rileggere i numeri di psichiatri che mi avevano consigliato alcuni amici senza mai decidermi a chiamarli, perché si sa, finché non si affronta un problema si può sempre pensare che non esista. Ma non era così, dovevo correre ai ripari, così ho cominciato a scrivere di me, per me. Scrivevo tutto quello che non riuscivo a dire a voce, ed era semplice, ho sempre avuto problemi con la comunicazione verbale, sono dislessico e quando mi sento sotto pressione o in imbarazzo balbetto, e questo complica le cose.
Il passaggio dallo sfogo alla stesura di un romanzo che mi permettesse di ripartire dall’inizio e mi permettesse di guardare la mia vita dall’esterno è stato automatico.
É stato un percorso lungo e a volte doloroso. Ci sono voluti tre anni per finirlo. Ho cercato le fondamenta del mio carattere ma mi sono accorto che non ne avevo, ho avuto una madre troppo apprensiva.

 

Quale dei ricordi della tua vita riportati nel romanzo, sono stati i più dolorosi da riportare bianco su nero?
Sicuramente quelli relativi al dolore dei miei genitori, soprattutto quello di mio padre. Quando ha iniziato a piangere in quel bar di Bologna non ero preparato, non l’avevo mai visto piangere prima di allora e non l’ho più visto piangere dopo quell’episodio. Certo le lacrime di mia madre non mi facevano stare bene ma l’abitudine ci fortifica.

Il libro contiene diverse date precise che pone il lettore a domandarsi cosa stesse facendo lui in quei precisi giorni, almeno è stato così nel mio caso. Quanto c’è di autobiografico nel romanzo?
Direi che è autobiografico al 99,9%, ovviamente con tutte le licenze che un romanzo ti da. Alcune situazioni possono risultare inverosimili ma sono accadute davvero, ad esempio la scena davanti alla stazione di Bologna. Altre sono state amplificate com’è giusto che sia. Se dico di aver visto una lucertola non interesserebbe nessuno, se invece dico di aver visto un coccodrillo la cosa è completamente diversa. Scherzi a parte, penso che il mio coming out mi abbia messo davanti a delle difficoltà che molti si sono trovati ad affrontare e ho voluto scriverne anche per dare la testimonianza che per poter vivere la propria vita nella totale libertà di essere se stessi non c’è difficoltà che possa ostacolarci.

Nel tuo romanzo è descritto benissimo il coming out in famiglia di Francesco. Questo passaggio della vita del protagonista non è stato per nulla facile, anzi è stato segnato da lacrime e lotte continue. Credi che ancora oggi, a distanza di 9 anni dai fatti narrati del romanzo, sia ancora difficile per due genitori accettare l’omosessualità di un figlio?
Penso che i miei genitori, ancora oggi, dopo nove anni, non siano riusciti ad accettarla ma che si limitino a tollerarla, certo la società in cui viviamo non aiuta: i gay sono l’unica cosa che ancora dà scandalo e se non si ha una cultura che permetta ad una persona di valutare un individuo senza pensare alle sue preferenze sessuali la vedo dura.
Detto questo, sono convinto che se dovessi fare il coming out oggi, 16 marzo 2012, i miei avrebbero gli stessi problemi ad accettarla.

Oltre ad essere uno scrittore emergente sei anche un blogger e il tuo blog si chiama Diarionudo - taccuino di un giovanesporcaccione dove tu curi la scrittura e il tuo compagno la fotografia (la cosa mi fa pensare a qualcosa…).
Il blog è un progetto a quattro mani, io mi occupo dei racconti e il mio compagno della parte visiva. Inizialmente il contributo fotografico era maggiore, poi il mio compagno ha deciso di fare un passo indietro per dare più spazio ai racconti che, secondo lui, avevano la forza per vivere da soli. Io penso, però, che le fotografie che accompagnano i racconti siano fondamentali per il successo del blog.

Perché questa convinzione?
Perché sono immagini che riescono a racchiudere tutte le emozioni che racconto senza la presenza del viso e poi come spesso accade un’immagine vale più di mille di parole anche se uno scrittore non dovrebbe mai dirlo.

Hai scelto di pubblicare il tuo primo libro con il nome di Diarionudo. Perché questa scelta?
Ho finito di scrivere il romanzo quando il blog era già avviato, firmarlo diarionudo è venuto da sé, non ricordo di averci neanche pensato. É stato automatico.
E per dirla tutta, non riesco ancora ad associare il mio nome e cognome ad un libro, sotto certi aspetti sono ancora il ragazzo che non ha fatto il liceo classico perché la professoressa delle medie gli diceva che non sapeva scrivere.

Che ruolo ha avuto la lettura nella tua vita e quale è il libro a cui sei legato e perché?
Quando mi sono trasferito a Brescia nel 2003 sono passato da Richard Bach a Burroughs senza fermate intermedie. Inizialmente è stato uno shock, adesso non smetto di ringraziare il mio compagno. Il pasto nudo di Burroughs ancora oggi è uno dei miei romanzi preferiti insieme a Crash di Ballard e A sangue freddo di Capote, ma non escludo i classici dell’Ottocento. Adoro Cime tempestose di Brontë, Ritratto di Signora di Henry e Le relazioni pericolose di Choderlos de Laclos. Ma penso che chi mi ha influenzato maggiormente nel modo di scrivere sia Bukowski, di lui mi piace il chiamare le cose con il loro nome, odio i mezzi termini: un cazzo è un cazzo, non puoi scrivere di una scopata e chiamarlo pene. Non funziona!

E invece, c’è stato un romanzo a tematica gay che ti ha aiutato nel periodo in cui avevi bisogno di confrontarti o semplicemente in cui cercavi risposte sulla tua omosessualità? E sì quale e perché?
Non ho mai letto nessun libro a tematica gay prima di trasferirmi a Brescia.
Me ne stavo rintanato nella mia veste da eterosessuale e stavo ben attento a non far entrare nulla che potesse creare il minimo squarcio.
Il primo libro a tematica gay che ho letto è stato Seminario sulla gioventù di Aldo Busi e subito dopo Sodomie in corpo 11 che mi ha segnato a tal punto che il mio compagno me lo ha letteralmente sequestrato per l’effetto che aveva sui miei ormoni, a questo è seguito Camere separate di Tondelli, la Morte della bellezza di Patroni Griffi e Amado mio di Pasolini.
Adesso sto leggendo Jean Genet, nello specifico ho appena finito Querelle di Brest e ho iniziato Diario del ladro. Letture fortemente consigliate!

Questa è una domanda che faccio sempre a chi come te è un emergente. Hai avuto difficoltà a fatti pubblicare? 
In realtà non ho neanche cercato un editore, avevo troppo fretta che il libro venisse pubblicato per cadere nella trottola delle case editrici, così ho deciso di pubblicarlo su lulu.com senza un editore.
Successivamente ho capito che ero più interessato che il libro venisse letto che non comprato, così l’ho reso interamente sfogliabile e scaricabile su http://issuu.com/diarionudo/docs/mifermoaguardareleluci.

Cosa consiglieresti a chi come te vorrebbe vedere stampato il proprio libro?
Oggi ci sono mille modi per farlo e non sempre il mondo delle case editrici è quello migliore. Penso che internet sia la vetrina maggiore che uno abbia, e se da una parte è vero che contiene una miriade di materiali dall’altra è vero che si ha la possibilità di interagire con un numero decisamente maggiore di persone.
Internet è in grado di dare a chiunque i suoi 15 minuti.

Intervista: Francesco Sansone